Sta infiammando in queste ore sui social la polemica per l’audace scelta della Maison Schiaparelli di far sfilare sulle passerelle della Couture Week, in corso questi giorni a Parigi, le tre top model Shalomon Harlow, Irina Shayk e Naomi Campbell con indosso abiti decorati con applicazioni in pelliccia finta ecologica ritraenti teste di leone, lonza e lupa. Nonostante l’intenzione della casa di moda fosse quello di rendere omaggio a Dante, il risultato è un’immagine che rischia di “normalizzare e glorificare la concezione e l’estetica degli animali come accessori e trofei”.
Colpiscono le foto che circolano sul web in queste ore della recente sfilata di moda della Maison Schiaparelli sulle passerelle della Couture week. Tre top model indossano degli abiti in pelliccia con applicate teste di animali selvatici, rigorosamente finte. Ma poco importa se si tratta di pelliccia ecologica, in linea con la policy dell’azienda che è contraria all’uso di quelle vere. Il messaggio che può scaturire è comunque forte e fonte di polemiche. Su questa vicenda si è espressa Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe e portavoce della campagna #NotInMyWorld per vietare l’importazione, l’esportazione e la riesportazione dei trofei di caccia in Italia. “Se da un lato si può apprezzare sia l’omaggio all’opera dantesca, sia la maestria artigianale al centro della Maison Schiaparelli, dall’altro non si può non sottolineare come i tre look della collezione primavera-estate 2023, con le tre fiere dantesche – il leone, la lonza e la lupa – normalizzino e glorifichino la concezione e l’estetica degli animali come accessori e trofei”, spiega Martina Pluda.
“Sebbene, come afferma la Maison, le teste e le pellicce siano “creazioni di finta tassidermia” e si riferiscano all’allegoria della lussuria, dalla superbia e della cupidigia, il messaggio immediato, rispetto al riferimento culturale, che trasmettono è estremamente pericoloso e irresponsabile. Ha il pericolosissimo potenziale di stimolare la domanda di parti e prodotti di animali veri, sia come accessori di moda che come status symbol”, continua la direttrice.
“Ogni artista deve essere consapevole dei messaggi, anche involontari, che la propria arte trasmette al mondo e soprattutto quando sono leader di industrie commerciali, questo punto diventa ancora più importante: indossare parti di animali non dovrebbe essere considerato e celebrato come moda”, continua l’esperta.
“La caccia al trofeo rappresenta un grave problema di benessere animale e conservazione che minaccia la sopravvivenza di molte specie selvatiche in tutto il mondo, comprese quelle rappresentate nella collezione. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono i primi due importatori mondiali di trofei di caccia ottenuti da specie animali in pericolo di estinzione, protette a livello internazionale. Si tratta di una pratica che, con riferimento all’allegoria dei peccati capitali, è caratterizzata anch’essa dalla lussuria, superbia e cupidigia dei cacciatori di trofei che uccidono migliaia di animali minacciati e ne esibiscono le parti del corpo per il proprio piacere. Il designer della Maison Daniel Roseberry parla della collezione come di un “omaggio al dubbio. Il dubbio della creazione e il dubbio dell’intenzione”. Senza ombra di dubbio l’intento dei cacciatori di trofei è quello di mantenere in vita il loro “hobby” elitario a spese della biodiversità. Invitiamo pertanto la Maison Schiaparelli a promuovere una tipo di alta moda maggiormente caratterizzato dalla compassione”.