Amministrare l’esotico, di Gianni Dore

di AFRICA

È necessario aggiungere subito il sottotitolo: L’etnografia pratica dei funzionari e dei missionari nell’Eritrea coloniale. E subito dopo che il focus è sui Kunama, una popolazione, storicamente marginale, insediata nel bassopiano occidentale (capoluogo, Barentù). L’autore, antropologo, si occupa da vicino di questa popolazione da quasi trent’anni. In questo volume specialistico studia, ricorrendo a un gran numero di fonti, gli schemi entro cui le Chiese (la Missione evangelica svedese, 1896, ancor prima dei cappuccini) e lo Stato coloniale cercavano di comprendere i Kunama. Occorreva conoscere per meglio governare, o evangelizzare. Per cento motivi, tra cui l’immaginario che anche altre popolazioni eritree si erano formate dei Kunama, dagli archivi esce una predilezione per la categoria dell’esotico tra l’altro funzionale a riscuotere consensi presso i connazionali rimasti in madrepatria.

L’autore mette in risalto alcuni aspetti cruciali, come il “matriarcato” che reggerebbe la società kunama, mentre quello in vigore è un sistema matrilineare dove la vita pubblica è comunque in mano agli uomini. In connessione con il presunto matriarcato, alle donne è attribuita un’estrema libertà di costumi, socialmente accettata. Una “leggenda” dura a morire, se anche Carlo Lucarelli, nel suo L’ottava vibrazione (che il sempre attento Dore cita in una nota), «sceglie di attribuire un’appartenenza kunama al personaggio di una giovane che offre prorompente sessualità nel porto di Massawa». E che suscitava speciale preoccupazione nei missionari. La preoccupazione, condivisa dall’amministrazione, riguardava la matrilinearità stessa (non leggendaria, questa), che attribuisce allo zio materno il ruolo che nelle società patrilineari è del padre – con tutte le conseguenze in fatto di eredità, di concezione della famiglia “cristiana” (e anche musulmana), ecc. «Le conversioni tardarono e furono difficili e spesso reversibili: il terreno della sessualità fu quello più problematico e la logica matrilineare difficile da afferrare e poi da rovesciare».

Il sistema matrilineare è presente anche in molte altre popolazioni africane; queste pagine hanno il merito di essere una piccola miniera di informazioni sul tema, com’era visto dagli scrittori coloniali ed ecclesiastici dell’epoca, e che viene ora passato al vaglio della critica dell’antropologo.

Viene poi affrontato il fenomeno della possessione, rigorosamente femminile; quello della stregoneria, una problematica relativamente nuova per il sistema giudiziario italiano. Ci si rendeva conto che l’«”ordine” coloniale» non poteva essere un semplice trapianto da Roma ad Asmara. Si rendeva necessaria una «etnologia giuridica» che rendesse conto del diritto indigeno.

Siamo insomma davanti a un libro che, pur riferito a un tempo e a uno spazio ben precisi, offre numerosi spunti di riflessione anche per l’attualità.

Cleup, 2017, pp. 313, € 20,00

(Pier Maria Mazzola)

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