di Céline Camoin
Il presidente tunisino Kais Saied ha ancora una volta proceduto a un rimpasto del governo, questa volta di un gran numero di ministri, ben 19, sostituiti domenica 25 agosto. Questo vasto cambio avviene a circa un mese dalle elezioni presidenziali previste il 6 ottobre alle quali Saied è candidato. L’8 agosto, Kamal Madouri, ministro degli Affari sociali, è stato nominato primo ministro della Tunisia al posto di Ahmed Hachani.
La nuova squadra integra tra l’altro Khaled Sehili come ministro della Difesa Nazionale, Mohamed Ali Nafti come ministro degli Affari Esteri, della Migrazione e dei Tunisini all’Estero, Moustafa Ferjani alla Sanità, Samir Abdelhafidh all’Economia, Samir Abid al Commercio e sviluppo delle esportazioni, Ezzeddine Ben Cheikh come ministro dell’Agricoltura, delle Risorse Idriche e della Pesca, Rachid Amri ministro dei Trasporti, Sofiane Takia ministro del Turismo e, infine, Riadh Chaoued ministro dell’Occupazione e della Formazione Professionale.
Il presidente tunisino, al potere dal 2019 si è concesso i pieni poteri durante una manovra nel luglio 2021, destituendo allora il suo primo ministro e sospendendo il Parlamento, successivamente sciolto. Accusato di deriva autoritaria dall’opposizione e dai suoi detrattori, sta ora cercando un secondo mandato presidenziale, come parte di quella che ha descritto come una “guerra di liberazione”.
Di fronte a lui in queste elezioni, altri due candidati: Zouhair Maghzaoui, ex membro della sinistra panaraba, e un industriale quarantenne, Ayachi Zammel, leader di un partito liberale.
Il presidente della Repubblica Kais Saied ha giustificato l’ampio rimpasto di governo affermando che era “indispensabile”, visto che la situazione si è trasformata in un “conflitto aperto tra il popolo tunisino, determinato a ottenere giustizia e combattere la corruzione e i partiti che si sono gettati nelle braccia delle lobby straniere, sognando un ritorno al passato”.
Secondo l’agenzia Tap, in un discorso ai nuovi ministri, Saied ha detto che coloro che criticano il rimpasto ministeriale a poche settimane dalle elezioni presidenziali “non fanno la differenza tra le elezioni e il normale funzionamento della macchina dello Stato”. “Se l’interesse supremo del Paese richiedesse di effettuare un rimpasto ministeriale anche dopo l’apertura dei seggi elettorali, questo sarebbe fatto senza la minima esitazione”. “I tunisini sono attaccati al loro Paese, ne sono orgogliosi e determinati a difenderne la sovranità senza fallo”, ha affermato il presidente, candidato alla propria successione.
Saied ha criticato un “sistema che lavora dietro le quinte” che ha alimentato un “conflitto tra il sistema costituzionale e il sistema corrotto i cui attori sperano sempre in un ritorno al passato”. Ha inoltre osservato che tra i segnali del disfunzionamento della macchina dello Stato, sia a livello regionale che centrale, c’è il fatto che un gran numero di funzionari non hanno adempiuto ai loro doveri, chiudendo le porte ai cittadini invece di rivolgersi a loro e trovare soluzioni ai loro problemi. “Il rimpasto era essenziale”, ha insistito.
Per il capo dello Stato, “le sfide economiche e sociali sono state vinte, la crescita economica sta lentamente migliorando e le riserve valutarie aumentano, grazie a scelte nazionali e non a diktat esteri”.
Il vasto rimpasto governativo a poche settimane dell’elezione del 6 ottobre è stata accolta con sorpresa. Alcuni trovano la manovra priva di senso, come l’universitario Adel Ltifi che scrive su Facebook: “Un rimpasto ministeriale un mese e mezzo prima delle elezioni presidenziali significa che o il rimpasto ministeriale non ha senso, o le elezioni presidenziali non significano nulla o entrambe le cose insieme”. Secodo alcuni detrattori del presidente, la mossa significa semplicemente che Saied è sicuro di vincere le elezioni presidenziali e getta le basi per una nuova squadra chiamata a governare per un po’.