Il Kenya rischia di essere dichiarato inadempiente dall’Agenzia mondiale antidoping (Wada) dopo che il governo del Paese ha tagliato drasticamente i fondi al bilancio dell’Agenzia antidoping del Kenya (Adak) per l’anno finanziario 2024/25. Lo riportano i media locali e le agenzie internazionali.
Il presidente dell’Adak, Daniel Makdwallo, in una conferenza stampa tenutasi ieri a Nairobi ha detto che l’agenzia non può gestire le sue operazioni, avendo ricevuto 20 milioni di scellini (155.000 dollari) in meno rispetto ai 2,23 milioni di dollari ricevuti nell’anno fiscale precedente: “Corriamo il rischio di non poter ospitare o inviare nessuno dei nostri sportivi alle competizioni internazionali perché l’Agenzia non è in grado di svolgere le sue normali attività di test sia in gara che fuori dalla gara”.
Makdwallo, che è presidente uscente dell’Adak, ha fatto appello al governo affinché ripristini i fondi di bilancio dello scorso anno al fine di garantire il regolare svolgimento delle attività, come i test antidoping (il cui costo si aggira intorno ai 670-780 dollari ad atleta). Negli ultimi tre anni, l’Agenzia keniana ha sanzionato 78 atleti locali per violazioni delle norme antidoping, in uno sforzo elogiato sia dalla Wada che dall’organismo di controllo antidoping della World athletics, l’Athletic integrity unit (Aiu).
Il Kenya è stato inserito nella categoria A della Wada nel 2017, il che significa che il Paese rimane ad alto rischio di doping: tuttavia, va sottolineato che nessun atleta keniano che ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo, ai Campionati del mondo del 2023 e alle recenti Olimpiadi di Parigi 2024 è incorso in violazioni antidoping.
La crisi del sistema antidoping del Kenya dipende, anch’essa, dalla crisi economica che ha colpito il Paese: le proteste dei mesi scorsi infatti hanno costretto il presidente William Ruto a ritirare il progetto di legge Finanziaria, il bilancio dello Stato, e questo ha avuto una ricaduta, anche, sul bilancio dell’Adak.