Dalla recentissima visita del presidente francese nel più popoloso Paese africano si possono trarre degli insegnamenti e delle riflessioni. Non necessariamente quelle che lui intendeva proporre…
Nei giorni scorsi il presidente francese Macron è stato in Nigeria e ha rilasciato una serie di interviste. Parole sagge, ma anche furbe, e che non è chiaro se rispecchino ignoranza genuina o il solito paternalismo occidentale.
Macron dice che l’emigrazione di questi ultimi anni è nata da una crisi africana, che nei Paesi africani ha fallito il sistema della sicurezza a favore dei trafficanti d’uomini, che i giovani partono perché percepiscono che nei loro Paesi non hanno speranza. Avverte, inoltre, che gli Stati africani dovrebbero affrontare l’alto tasso demografico con piani di natalità e auspica di poter aiutare i governi africani a costruire e sviluppare università in territorio africano.
Infine – last but not least – invita, soprattutto i giovani, a smetterla di dare tutte le colpe al periodo coloniale. «Io non c’ero, voi non c’eravate, basta guardare al passato», dice. “Scurdámmoce ‘o ppassato” si dice a Napoli, ed è assolutamente giusto guardare avanti e al futuro.
Il problema che Macron manca di considerare sono i risultati che il passato coloniale ha prodotto nel continente – una ferita aperta nella società e nella Storia, con conseguenze nella lingua, nelle istituzioni, nella percezione di sé. Scomodiamo Frantz Fanon e vi invitiamo a leggere Pelle nera, maschere bianche.
E manca di considerare che la presenza massiccia di imprese europee, statunitensi, e adesso anche sud-coreane e cinesi, non è sempre limpida nella gestione di siti da sfruttare, di opere da realizzare.
Dimentica, Macron, che gli africani sono in grado di pensare da soli e alla loro politica di pianificazione familiare forse ci penseranno, sì, ma se vorranno. Dimentica che i trafficanti in pratica li sta alimentando l’Europa chiudendo i porti e pagando pseudogoverni per tenere a bada i migranti (e farli torturare, che sia in Niger dove spesso sono abbandonati nel deserto, o in Libia).
Dimentica che in Africa ci sono molte e importanti università. Citiamo la Makerere University in Uganda, l’Università di Nairobi, quella del Ghana.
Dimentica che la Francia tiene in scacco 15 Paesi francofoni obbligati a usare il franco Cfa, eredità di una colonizzazione che ora è diventata vessazione finanziaria, visto che il 50% delle riserve di cambio dei Paesi della zona franco devono essere depositate su un conto della Banca di Francia, a Parigi.
Dimentica, soprattutto, che la vera giustizia sta nell’uguaglianza. Égalité.
Uguaglianza significa che magari un giorno un leader africano verrà a dire a un leader europeo quali politiche adottare per il suo Paese. Uguaglianza vuol dire che se i giovani occidentali possono ottenere un visto, prendere un aereo e partire, questo dovrebbero poterlo fare anche i giovani africani. Giovani che leggono, studiano, sono in rete e conoscono il mondo. E la vita.
Uguaglianza vuol dire che quello che non vorresti per i tuoi cittadini non lo vorresti neanche per gli altri. Perché sai che i diritti universali dovrebbero essere uguali per tutti.
Uno dei pochi presidenti africani che ha fatto un discorso chiaro sul problema dell’emigrazione dall’Africa è stato il capo di Stato ghanese, Nana Akufo-Addo. E lo ha fatto proprio in occasione della visita dello scorso dicembre di Macron ad Accra.
In quell’occasione Akufo-Addo ha chiaramente detto che l’Africa deve fare da sola – a 60 anni dalle indipendenze – e che le politiche vanno decise dai singoli Paesi smettendo di contare sugli aiuti esteri. Ma soprattutto che bisogna agire perché i giovani vogliano restare in Africa. (E speriamo – appunto – che i leader africani comincino a pensare a politiche più eque, meno improntate al familismo e a combattere nei fatti la corruzione).
Gli aiuti in realtà hanno una doppia faccia. Sembrano “aiuti”, appunto, ma poi portano con sé dipendenza, mancanza di fiducia nelle proprie capacità e nei propri governi e – non meno importante – creano e aumentano man mano il potere di chi detiene i cordoni della borsa.
Ecco, l’epoca è davvero cambiata. Questo grande bailamme, quest’ondata di razzismo, odio e violenza – verbale e reale – dovrà tramutarsi. Dovrà trasformarsi in riflessione, dovrà far fiorire il cambiamento, non falso ma basato sulla consapevolezza che non è così che possono andare le cose.
E quello che avrà generato questo cambiamento sarà il sacrificio (e la speranza non realizzata) di migliaia e migliaia di giovani migranti morti inseguendo il sogno Europa. Da un grande male, verrà un grande bene. Forse ci vorrà del tempo, ma non può essere diversamente. Il contrario sarebbe la morte dell’umanità.
Antonella Sinopoli. Giornalista professionista e videomaker, è cofondatrice e direttrice responsabile di Voci Globali. Scrive di Africa anche su Ghanaway. Ha fondato il progetto AfroWomenPoetry con l’obiettivo di dare spazio e voce alle donne poete africane. Vive tra il Ghana e l’Italia.