Appello per la pace nel Corno d’Africa

di Marco Trovato
Il Tigray, regione settentrionale dell’Etiopia, è alle prese con una drammatica emergenza umanitaria, in seguito alla guerra scoppiata a inizio novembre tra le forze tigrine e l’esercito nazionale di Addis Abeba. Riceviamo a pubblichiamo un appello per il ripristino della pace e il soccorso ai civili.

Nelle ultime settimane, l’impatto del conflitto apertosi ai primi di novembre si è esteso rapidamente e drammaticamente all’interno e oltre i confini dell’Etiopia settentrionale.

Con il persistere della sostanziale mancanza di accesso e vie di comunicazione nella regione del Tigray, rimane difficile verificare le condizioni sul terreno. Le notizie riportate dagli organi di stampa nazionali e internazionali, e dati raccolti dalle organizzazioni umanitarie, nonché le informazioni ottenute dal momento in cui i contatti telefonici sono stati ristabiliti in particolare nella capitale Mekelle e in altre zone limitate della regione, indicano ingenti perdite tra i civili, molti dei quali hanno lasciato le loro case per sfuggire ai combattimenti tuttora in corso nelle aree rurali della Regione, un crescente numero di rifugiati in Sudan, numerosi danni a centri urbani, infrastrutture e luoghi di culto, mancanza di derrate alimentari e beni di prima necessità, saccheggi e carenza di farmaci e equipaggiamento nelle strutture sanitarie e disordini in diverse regioni dell’Etiopia.

Fra gli sviluppi ampiamente riportati da stampa e organizzazioni vi sono gli attacchi ad aeroporti, uffici governativi e istituzionali e centri urbani, peraltro ricchi di patrimonio culturale, quali: Asmara, Aksum, Mekelle, Gondar, Bahir Dar.

La situazione è particolarmente drammatica nei campi profughi di Shimelba e Hitsats, nel nord del Tigray al confine con l’Eritrea, al cui interno, stando all’Alto Commissariato dei Diritti Umani si stanno verificando incendi, abusi e violazioni dei diritti umani, uccisioni, rapimenti mirati e rimpatri forzati in Eritrea.

Molti organi internazionali, tra i quali l’Unione Europea e le Nazioni Unite, hanno riportato resoconti  di omicidi etnici e di crimini di guerra in tutta la Regione.

Incoraggiati dal supporto che il nostro appello ha raccolto in Italia, chiediamo al Governo un maggiore impegno volto a facilitare la raccolta e distribuzione di aiuti alle popolazioni afflitte, e a lavorare insieme all’Unione Europea e le Nazioni Unite per una rapida risoluzione del conflitto. In data 8 dicembre 2020, il nostro Ministero degli Affari Esteri ha informato di aver preso contatto con il governo etiopico per ribadire la necessità di attivare corridoi umanitari il prima possibile, come da accordo stipulato fra le Nazioni Unite e il governo etiopico ai primi di dicembre. Ad oggi, nonostante tale accordo, l’accesso alla regione rimane nei fatti impossibile per le organizzazioni umanitarie, come denunciato negli ultimi giorni anche dall’Unione Europea. Si registrano vittime fra gli operatori umanitari impegnati.

Pressioni per un immediato cessate il fuoco e per l’apertura di un confronto attraverso canali diplomatici sono iniziate con le posizioni prese dai vertici dell’Unione Europea, seguite e sostenute da un crescente numero di organizzazioni internazionali e Stati sovrani in tutto il mondo, compresi diversi Stati africani. A queste voci si è unita la dichiarazione dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet.

A giugno del 2020, Etiopia, Eritrea e Sudan hanno aderito ufficialmente all’appello promosso dalle Nazioni Unite per un cessate il fuoco globale e per rimanere uniti nella lotta alla pandemia da COVID-19. Nel quadro globale, questi tre paesi stanno registrando un rapido incremento di contagi e vittime da COVID-19 con picchi assoluti di decine di migliaia di persone nelle ultime settimane. Questa emergenza umanitaria infierisce su comunità già allo stremo dopo mesi nei quali la produzione agroalimentare è stata compromessa da invasioni di locuste e piogge insufficienti, dalla sospensione dell’erogazione di aiuti umanitari a partire da settembre, e dal dilagare del conflitto armato dai primi di novembre.

Abbiamo sottoposto il nostro appello alla Presidenza del Consiglio e Ministero degli Affari Esteri, e persevereremo in questa azione fino a che non otterremo una risposta. Nel contempo, l’appello è stato invitato anche ai principali organi di stampa nazionali con la preghiera di non dimenticare la tragedia umanitaria in corso.

Vi preghiamo di continuare e aumentare l’impegno a mantenere l’attenzione sulla crisi in rapida crescita e estensione nel Corno d’Africa.

Seguono 287 firme di studiosi, professionisti, cittadini. Per aderire all’appello: cornodafrica.appello@gmail.com

Segnaliamo che sul prossimo numero della Rivista Africa pubblicheremo un ampio servizio dedicato alla crisi del Tigray con le prime, drammatiche immagini scattate nella regione sconvolta dal conflitto. Per ricevere la rivista e abbonarsi, clicca qui

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