Il Mali è ancora lontano dall’essere pacificato. Ieri, 17 marzo, un gruppo di uomini armati ha preso d’assalto una base militare a Dioura, nella regione di Mopti, nel Mali centrale, uccidendo almeno 16 militari. Lo riferiscono fonti militari riprese dai media internazionali, secondo cui nell’attacco è stata anche portata via una certa quantità di armi.
Questa è l’ultima ed ennesima conferma della forza e della libertà d’azione dei miliziani jihadisti nel Paese dell’Africa occidentale. Fonti militari tendono a ritenere responsabile dell’attacco il gruppo fondamentalista Jama’at Nasr al Islam Wal Muslim (Jnim), attivo in tutta la regione del Sahel e affiliato ad al-Qaeda. Il gruppo è frutto della fusione di Ansar Eddine, Fronte di liberazione del Macina, Al Mourabitoun e al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), ed è lo stesso che ha condotto l’attacco avvenuto il 24 febbraio contro la base della Missione dell’Unione Europea in Mali (Eutm Mali) di Camp Gecko, nel quale sono rimasti uccisi due militari maliani.
Queste formazioni jihadiste portano avanti una lotta per affermare un’idea di islam radicale e intollerante. Nonostante ciò, all’ideologia intransigente affiancano traffici illeciti: droga, sigarette, migranti. Un mix che fa della conoscenza e del controllo delle principali piste del deserto un punto di forza.
Tutto è iniziato il 21 marzo 2012, quando un colpo di Stato ha fatto cadere il presidente Amadou Toumani Touré, consentendo ai tuareg di conquistare il Nord del Paese e ai gruppi islamici, alcuni dei quali legati ad al-Qaeda, di estendere la loro azione. L’intervento delle truppe francesi, nel 2013, ha impedito ai gruppi jihadisti di raggiungere la capitale Bamako. A oggi, tuttavia, intere zone del Nord e del Centro del Paese sfuggono ancora al controllo delle forze maliane e internazionali presenti, nonostante l’accordo di pace tra governo centrale e ribelli tuareg siglato nel giugno 2015. All’operazione Barkhane, prima conosciuta sotto il nome di operazione Serval, partecipano circa quattromila militari francesi in affiancamento alla missione Minusma, considerata la più pericolosa per i caschi blu dell’Onu.