È salito ad almeno 26 morti, tra cui una nota giornalista somalo-canadese e diversi stranieri, e 56 feriti il bilancio dell’attacco terroristico avvenuto nella notte tra venerdì e sabato contro l’hotel Asasey di Kismayo nel Sud della Somalia.
L’ultimo aggiornamento è stato dato dall’emittente britannica BBC ieri. Un attentatore suicida si è fatto esplodere all’interno di un’auto di fronte all’entrata dell’albergo Asasey, molto popolare tra politici e stranieri. L’esplosione ha demolito il cancello d’ingresso, consentendo ad almeno altri 4 militanti jihadisti di assaltare l’edificio principale. Le truppe hanno combattuto per oltre 12 ore prima di uccidere tutti gli assalitori all’interno del complesso alberghiero, ha detto Abdiqadir Nur, un ufficiale di polizia.
Tra le vittime, anche la giornalista somalo-canadese e fondatrice della piattaforma mediatica “Integration Tv” Hodan Naleyah, 43 anni, e suo marito Farid, anche lui giornalista. I due sono i primi reporter uccisi quest’anno in Somalia, un Paese nel quale dalla deposizione e dalla fuga del dittatore Siad Barre (1991-92) sono caduti 66 cronisti. Nell’attacco sono morti anche un cittadino un britannico, tre kenioti, tre tanzaniani e due americani. Il gruppo islamista al-Shabaab ha rivendicato l’attacco ieri mattina in un tweet. La città di Kismayo nel 2012 era stata ufficialmente liberata dagli islamisti somali che usavano il suo porto per approvvigionamenti di armi e condurre traffici illegali.
Tutti e cinque gli aggressori sono rimasti uccisi al termine del raid delle forze di sicurezza che si è comunque tramutato in un bagno di sangue con più di 50 feriti. Seppur indebolito dall’offensiva dell’esercito somalo e delle truppe della missione dell’Unione Africana in Somalia (Amisom), il gruppo jihadista al-Shabaab continua a controllare vaste zone del Paese. Recentemente, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità una risoluzione che autorizza l’Unione Africana a mantenere la missione fino al 31 luglio.
L’attentato di oggi a Kismayo può essere dunque un segnale preoccupante della ripresa della capacità offensiva degli estremisti nell’area, nonostante i ripetuti raid aerei dell’era Trump autorizzati in maniera massiccia dal presidente Usa nel marzo 2017, come ricorda The Guardian. Nel 2018 sono state 47 le incursioni mirate alla distruzione delle basi di al-Shabaab. Nel 2019 sono state già una cinquantina. Ma la loro presenza nelle aree rurali della Somalia centro-meridionale rimane forte, come la capacità di infiltrasi nei centri urbani, rilevata anche dal segretario generale dell’Onu, António Guterres, in un rapporto al Consiglio di sicurezza circolato nel mese di maggio.