In questi tempi bui, dove il recente decreto su sicurezza e immigrazione rischia di acutizzare situazioni di irregolarità e gettare in strada le fasce più fragili della popolazione, il documentario Babylonia Mon Amour di Pierpaolo Verdecchi ci ricorda che nei contesti marginali resiste un’umanità che non rinuncia alla dignità e alla difesa dei propri diritti.
Con una raffinata fotografia in bianco e nero Verdecchi racconta la quotidianità di due gruppi di senegalesi che hanno occupato una fabbrica dismessa nella periferia di Barcellona. È una Barcellona lontana dalla movida e dal colorato mondo di Almodovar, una città che si divide in un centro dove dietro i riflessi delle vetrine scorre un’umanità distratta e una periferia con scenari urbani post apocalittici.
Il regista ha girato molto materiale anche in altre città europee ma è qui che ha trovato il contrasto più netto tra spiritualità e perdizione urbana. I senegalesi che seguiamo nel loro peregrinare apparentemente senza direzione appartengono infatti alla comunità dei Baye Fall. Il canto e le immagini dei Marabout che tappezzano la casa sono àncore di salvezza in un contesto dove i diritti basilari sono costantemente negati da un sistema repressivo ed escludente. Il diritto al passaporto, al lavoro, all’abitazione ma anche il diritto di protestare per le condizioni di vita all’interno dei CPT, di reagire alla violenza della polizia o all’intrusione di giornalisti voraci di scandalo.
Il documentario di Verdecchi è risultato di un cinema di osservazione e di relazione e coglie momenti drammatici senza far uso della retorica ma giocando d’astrazione. Il racconto del viaggio in mare, le immagini del recupero di rame e ferro dai detriti di un palazzo appena demolito, il dolente monologo finale raccontano la condizione esistenziale di chi, sempre più marginalizzato, non rinuncia al diritto di resistere.
Per chi fosse interessato al film: cinerandagio@gmail.com
(Simona Cella)