Le popolazioni locali da sempre conoscono le proprietà del frutto dell’Adansonia digitata. Pascal Ottaviani ha impiantato in Senegal un’industria di trasformazione per farne beneficiare altri Paesi del mondo. E facendo crescere professionalità locali.
Una favola africana narra che il baobab fosse la pianta più superba del mondo e che per sua punizione fu sradicata e ripiantata a testa in giù. Per Pascal Ottaviani, invece, il baobab è una pianta generosa, in grado di offrire molto a chi crede in lei e se ne prende cura. Un albero sul quale ha scommesso tutta la vita, tanto da abbandonare le certezze di una vita tranquilla in Italia per inseguire un sogno in Africa. Il sogno è quello di sfruttare su scala industriale i prodotti derivati dal frutto della pianta saheliana. Il rischio imprenditoriale è grandissimo. Da secoli, la polvere e l’olio di baobab vengono prodotti per il consumo locale, ma nessuno ha mai tentato l’avventura industriale. Una scommessa che Ottaviani ha vinto.
L’albero farmacista
Tutto inizia negli anni Novanta. Mauro, il padre di Pascal, da tempo studia il baobab. Forse quell’albero gli fa sognare luoghi lontani ed esotici e lo fa evadere dal quotidiano tran-tran della tranquilla provincia ferrarese dove abita. Leggendo libri e articoli viene a conoscenza delle grandi proprietà di quella pianta così strana. Gli africani chiamano il baobab “albero farmacista”. In effetti, il frutto è un concentrato di vitamina C, ne contiene ben 6 volte il quantitativo di un’arancia. Oltre all’apporto di vitamine aiuta l’intestino e combatte la diarrea, è energetico, ha proprietà antinfiammatorie, permette di tenere sotto controllo la glicemia e il colesterolo, e infine combatte l’anemia. Nessuno fino ad allora aveva pensato a lanciare quel prodotto sul mercato. La popolazione locale conosce i prodigi della pianta, ma non investe su di essa. Mauro ne parla al figlio e lo convince a lanciarsi in un’impresa mai tentata prima.
Decidono quindi di trasferirsi in Africa. Prima tentano con il Mali, ma capiscono che non ci sono i presupposti giusti. Allora si trasferiscono in Senegal e fondano la Baobab Fruit Company Senegal (Bfcs). «Nel 2004 abbiamo avviato la nostra prima produzione di polvere di baobab trasformando 100 tonnellate di frutto chiuso – ricorda oggi Pascal Ottaviani –. Ci è andata bene. Da quel momento, la produzione è cresciuta costantemente e oggi trasformiamo mille tonnellate all’anno».
Evitare la ”bolla”
La produzione potrebbe crescere ulteriormente, ma a Pascal non interessa granché: «Il baobab è conosciuto a livello mondiale come frutto dalle mille proprietà solo da tre anni. Non c’è ancora stato un vero boom. Ma, se devo essere sincero, non vorrei neanche che ci fosse, perché si potrebbe rivelare una bolla di sapone. Come è stato per la papaia fermentata, la quale ha avuto un grande successo che poi si è sgonfiato. Siccome credo che il baobab sia un ottimo prodotto, mi auguro una crescita lenta, costante, che si radichi nei consumatori».
L’attività è decollata grazie alla produzione di polvere. Da qualche tempo, però, Ottaviani ha iniziato a interessarsi anche all’olio di baobab. Studiandolo, capisce che lo si può produrre in modo economico ma sicuro, ricavandolo dalla spremitura a freddo dei semi che vengono separati dalla polpa del frutto. Parte così una piccola produzione che poi, gradualmente, aumenta.
Personale selezionato
Quelli di Pascal Ottaviani sono prodotti di alta qualità: «La polvere e l’olio sono certificati Bio da due enti che ci richiedono standard qualitativi elevatissimi. Stiamo anche pensando di sottoporci alla certificazione Iso22000 e Ifs, certificazioni che ci permetterebbero di avere maggiore visibilità e produrre rispettando standard alimentari ben definiti e controllati. Inoltre seguiamo uno standard etico certificato con audit annuali effettuati da tecnici ghanesi specializzati che controllano che i principi etici e quelli legati alla sicurezza sul lavoro siano rispettati».
Ottaviani non è un avventuriero, di quelli che spesso si incontrano in Africa, ma ha un’idea ben precisa del suo business e del rapporto con i suoi dipendenti senegalesi. Ogni fase, dalla raccolta alla trasformazione, dalla vendita alla gestione finanziaria, è seguita attentamente dagli addetti e ogni informazione viene condivisa tra il management e i dipendenti attraverso procedure codificate. Ottaviani ci tiene molto alla formazione dei dipendenti. Li seleziona tra i migliori laureati e diplomati di Dakar e, ogni anno, dedica loro almeno cinque settimane di formazione.
Polvere e olio
«Troppo spesso – osserva Ottaviani – si produce in Africa pensando di spendere poco e guadagnare tanto in poco tempo. Chi ragiona così non dura molto. Noi abbiamo una visione a lungo termine, quindi reinvestiamo quasi tutto il profitto in formazione, nuovi macchinari e nuove tecnologie, per non parlare dei dispositivi di sicurezza che molto spesso sono assenti nelle imprese concorrenti».
Il mercato gli sta dando ragione. La Bfcs vende, attraverso la sede italiana di Poggio Rusco (Mantova), in una cinquantina di Paesi. «Esportiamo il 90% della produzione – osserva –. La maggior parte in Corea del Sud (40%), ma stiamo aumentando le quote in Francia e negli Stati Uniti. Il 10% rimane in Senegal, dove il nostro prodotto è molto apprezzato. La polvere di baobab viene utilizzata principalmente nell’industria alimentare per produrre succhi di frutta, marmellate, barrette energetiche. Si sta però diffondendo anche il consumo domestico. La polvere viene utilizzata per arricchire frullati, estratti o altre bevande, o semplicemente sciolta nell’acqua. L’olio, invece, applicato esternamente, nutre la pelle rendendola più giovane, elastica e splendente. Anche in questo caso è merito degli antiossidanti in esso contenuti. Si può utilizzare l’olio di baobab come idratante, come doposole o dopobarba». Molti imprenditori in Africa lamentano le difficoltà legate alle mancanze infrastrutturali e ai gravami burocratici. Ottaviani si smarca: «Le difficoltà sono tantissime, ma credo che siano difficoltà che hanno gli imprenditori in tutte le parti del mondo, non ne trovo nessuna legata particolarmente all’Africa. Noi affrontiamo i problemi e gli imprevisti insieme attraverso un’ottima équipe che progredisce e aiuta il ciclo evolutivo e produttivo dell’azienda».
(Marco Garofalo)