Un reticolo di strade d’acqua che, percorse da colorate piroghe in legno, si snodano tra palafitte di ebano dove vivono perlopiù pescatori. Questa è Ganvié, la magica cittadina che sorge sul lago Nakoué, nel sud del Benin.
Soprannominata ‘Venezia d’Africa’, è una meta suggestiva che sembra trasportare in un’altra dimensione. A Ganvié il tempo trascorre scandito dal fruscio dei remi e dai canti delle donne che lo accompagnano. Gli abitanti, di etnia Tofinù, costruiscono da tre secoli le proprie abitazioni su pali di bambù infissi nel fondale del lago e le ricoprono con delle foglie.
L’attività principale è la pesca, e la piroga è parte integrante della vita di ciascun abitante di Ganvié: a bordo delle piroghe sia uomini che donne e bambini svolgono le attività quotidiane come pescare, esporre prodotti al mercato, cantare, andare a scuola. Per pescare viene adottata una particolare tecnica: gli uomini piantano sul fondo fangoso della laguna alcuni rami le cui foglie, decomponendosi, attirano i pesci che se ne nutrono.
I Tofinù scoprirono questa zona paludosa nel XVII secolo e vi si insediarono per sfuggire ai cacciatori di schiavi del regno di Dahomey. La presenza dell’acqua ovunque intorno a loro era meglio di qualsiasi cinta muraria: una credenza religiosa non permetteva infatti ai loro persecutori di avvicinarsi all’acqua. Da quel momento i Tofinù non abbandonarono più il lago.
Ganvié è una delle mete maggiormente apprezzate dai turisti, sempre più numerosi in Benin. Distante circa tre chilometri dal porto di Abomey, dove ha sede un vivace mercato di compravendita del pesce, è possibile raggiungerla a bordo di una delle piroghe a motore gestite dalle cooperative locali nate negli ultimi anni.
(Valentina Giulia Milani)