Gli aborti clandestini provocano spesso complicazioni o perdite di vite umane, la maggior parte dei casi coinvolgendo ragazze che sono ancora nel fiore degli anni. I Benin sono quasi 200 le donne che ne rimangono vittime ogni anno. Mercoledì è stata approvata la legge numero 2021-12, che permette l’interruzione volontaria delle gravidanze in determinate casistiche.
“In Benin, quasi 200 donne muoiono ogni anno a causa delle complicazioni degli aborti clandestini. Molte famiglie nel nostro Paese continuano a piangere la perdita di una figlia, di una moglie o di una madre morta tragicamente a causa di un aborto complicato”, queste le parole pronunciate dal ministro della Salute, Benjamin Hounkpatin, nel corso di una conferenza stampa tenuta in seguito all’adozione della legge numero 2021-12 che modifica la legislazione del 2003 relativa alla salute sessuale e alla riproduzione in Benin, consentendo l’interruzione volontaria delle gravidanze in determinate casistiche.
Insistendo sul fatto che gli aborti clandestini provocano spesso complicazioni o perdite di vite umane, la maggior parte dei casi coinvolgono ragazze che sono ancora nel fiore degli anni. Benjamin Hounkpatin è convinto che tutto il personale medico che si confronta con la gestione quotidiana di queste complicazioni accoglierà con favore l’atto di approvazione dei deputati. “Con il voto della nuova legge che partecipa alla preservazione della salute e della vita delle nostre giovani ragazze, delle nostre sorelle, delle nostre mogli e delle nostre madri, il ricorso all’aborto può essere fatto su richiesta della donna incinta in condizioni molto specifiche”, ha detto.
Inoltre, “il governo continuerà a lavorare per rafforzare e prevenire le gravidanze indesiderate attraverso l’educazione di base, gli sforzi di comunicazione sulla sessualità, la disponibilità e la promozione di servizi contraccettivi, la promozione dell’educazione sessuale integrata nei college e nelle università, e gli sforzi per una genitorialità responsabile”, ha concluso Benjamin Hounkpatin.
Critiche al provvedimento sono tuttavia giunte dalla della Conferenza Episcopale del Benin (Ceb): in una dichiarazione pubblica il presidente della Ceb, monsignor Agbanou ha precisato che le modifiche introdotte altro non sono che “una vera e propria legalizzazione dell’aborto”. “L’aborto è un atto disumano che distrugge la vita del feto ma anche quella della madre sotto diversi aspetti”, sostiene la Ceb nella sua dichiarazione. I vescovi hanno fatto perciò appello ai deputati di “attingere ai valori culturali, morali e spirituali del popolo” per respingere il provvedimento adottato.
La legge n. 2021-12 che modifica la legislazione del 2003 relativa alla salute sessuale e alla riproduzione in Benin è stato approvato dai deputati mercoledì sera. Nello specifico, sono state modificate le disposizioni degli articoli 17 e 19 della legge sulla salute sessuale e la riproduzione numero 2003-04 del 3 marzo 2003.
Il nuovo articolo 17 stabilisce che l’interruzione volontaria della gravidanza è autorizzata su prescrizione di un medico quando la continuazione della gravidanza mette in pericolo la vita e la salute della donna incinta; nel caso in cui la gravidanza sia la conseguenza di uno stupro o di una relazione incestuosa, oppure quando il nascituro soffre di una condizione particolarmente grave al momento della diagnosi.
Secondo le nuove disposizioni, su richiesta della donna incinta, l’interruzione volontaria della gravidanza può essere autorizzata quando la gravidanza può aggravare o causare una situazione di disagio materiale, educativo, professionale o morale incompatibile con gli interessi della donna e/o del bambino.
Insieme al provvedimento sull’interruzione volontaria di gravidanza, i parlamentari del Benin hanno approvato all’unanimità anche una legge sulle misure speciali per la repressione dei reati di genere e la protezione delle donne, che integra la precedente legge numero 2011-26 sulla prevenzione e la repressione della violenza contro le donne.
Fonti di stampa locali precisano che la legge approvata propone nuove misure per la punizione dei reati di genere, oltre all’introduzione di nuove circostanze aggravanti come l’esistenza di una relazione familiare o di subordinazione, la disabilità mentale o fisica della vittima, una relazione insegnante-allievo tra l’autore e la vittima.
(Valentina Giulia Milani)