E’ previsto per oggi, martedì 28 aprile, il processo d’appello del giornalista beninese Ignace Soussou. Reporter Senza Frontiere e diverse organizzazioni della società civile chiedono l’immediato rilascio.
Detenuto per quattro mesi, il giornalista investigativo, collaboratore del sito Benin Web Tv, è stato condannato lo scorso dicembre a 18 mesi di carcere per ‘molestie informatiche’. Ma per RSF, “non avrebbe mai dovuto finire in prigione”. Non solo perché “non ha fatto nulla” dice l’ONG, se non “pubblicare sui social, in qualità di giornalista, le parole di un procuratore pronunciate durante un workshop ma anche perché avrebbe dovuto essere processato in base al codice stampa che non prevede una pena detentiva, e non secondo il codice digitale (Code du numérique), meno protettivo”, ha affermato Arnaud Froger, responsabile di Reporter Senza Frontiere Africa.
Ignace è infatti stato perseguito perché ha riferito su twitter alcune delle dichiarazioni che il procuratore generale di Cotonou ha fatto durante un workshop organizzato dall’agenzia francese per lo sviluppo dei media CFI.
“Era stato invitato a questo workshop come giornalista e ha fatto semplicemente il suo dovere riportando le parole del relatore su twitter. È stato processato ai sensi del codice digitale, perseguito come criminale informatico e condannato per molestie. Ma tre tweet che usano frasi di un workshop non possono costituire molestia. Anche se il suo status di giornalista è ormai minato, ciò non toglie che non avrebbe dovuto essere condannato a una pena detentiva”, ha aggiunto Froger.
RSF spera pertanto nel suo rilascio al termine della prova d’appello. Se non venisse scagionato, sarebbe per l’ONG una prova del fatto il Codice Digitale, in teoria volto a combattere la disinformazione online, sia in realtà sempre più “strumentalizzato” per condannare i giornalisti che fanno semplicemente il proprio lavoro di informazione.