Ha fatto male i conti, Pedro Sanchez, quando nel 2019 – al pari di tanti altri capi di governo europei, quello italiano compreso – ha stipulato i suoi accordi bilaterali col Marocco (140milioni di euro in cambio di una serrata vigilanza) per scoraggiare gli sbarchi sulle coste iberiche. Ha fatto male perché non ha tenuto conto della posizione strategica e defilata delle Isole Canarie, che in poche settimane sono diventate la destinazione finale di una rotta migratoria nuovamente in auge. Da inizio anno ad ora sono sbarcate nell’arcipelago più di 17 mila persone, più che in tutto il resto della Spagna. Persone provenienti in massima parte da Senegal, Mali, Marocco, Costa d’Avorio, Guinea e Gambia. Sono numeri che non si vedevano dal 2006, quando in questo grumo d’Europa affacciato sull’Africa, seguendo la parola d’ordine Barça ou Barsakh, Barcellona o l’Aldilà, si produssero ben 31.678 arrivi. Sono numeri a cui vanno aggiunti gli oltre 500 morti registrati nelle ultime settimane. La “ruta canaria” permette di evitare il deserto e le prigioni libiche, nonché l’esercito marocchino, ma è una delle più pericolose. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) stima che una persona su 16 tra quelle che provano a raggiungere l’arcipelago, muoia nel tentativo. La Croce Rossa indica un tasso di mortalità compreso tra il 5 e l’8 per cento .
La nuova frontiera d’Europa è marcata adesso da una doppia fila di transenne gialle. Le autorità spagnole hanno allestito un campo nel porto di Arguineguín, a Gran Canaria, in agosto. Previsto per 400 migranti, al momento il campo ne accoglie circa 2.000. Altri 5000 sono stati distribuiti tra residence e appartamenti turistici. Molti però dormono all’aperto. Dopo aver fatto il triage per il Covid-19, dovrebbero teoricamente fermarsi per un massimo di 72 ore e muovere quindi verso una nuova destinazione. Nella pratica però questo non succede. Senza assistenza legale o informazioni chiare sulla propria posizione, in una condizione sostanziale di abbandono, rimangono in attesa per settimane. Il governo ostacola i trasferimenti sulla penisola e i ricollocamenti, per non incentivare gli sbarchi. E intanto la capacità di accoglienza dell’arcipelago è al collasso. Gran Canaria è a un passo dal diventare una nuova Lesbo. Antonio Morales, presidente del cabildo (ruolo omologo a quello del sindaco), lo ha dichiarato in modo esplicito: «Usano l’isola come una prigione per impedire ai migranti di raggiungere il continente».
A denunciare la situazione sono anche Amnesty International, la Croce Rossa e varie ong e organizzazioni spagnole, come la Red Canaria por los derechos de las personas migrantes e la CEAR (Comisión Española de Ayuda al Refugiado. Quest’ultima, di fronte alla situazione di emergenza che si è ormai delineata, ha avanzato una serie di proposte puntuali:
1. IDENTIFICAZIONE E REGISTRAZIONE: Mettere in funzione un Centro di Attenzione Temporanea per Stranieri (CATE) come spazio di identificazione e registrazione agli arrivi, dove è garantita l’assistenza legale e gli interpreti, nonché le cure sanitarie necessarie affinché le persone sono indirizzate entro un periodo massimo di 72 ore ai servizi di accoglienza e agli aiuti umanitari forniti.
2. PROCEDURA DI ASILO: Garantire l’accesso alla procedura di asilo a chiunque lo esprima all’arrivo, nonché il principio di non respingimento. Per questi profili è necessario il loro trasferimento immediato nei luoghi di accoglienza del sistema di asilo.
3. RILEVAMENTO E RINVIO. Avvio di un Emergency and Referral Reception Center (CAED) che consente di gestire in modo ordinato i trasferimenti, favorendo l’individuazione di profili di vulnerabilità per fornire una risposta di accoglienza e cura secondo le proprie esigenze.
4. BENVENUTO UMANITARIO: Cercare una struttura di accoglienza stabile, con strutture pubbliche che rafforzino l’attuale rete di luoghi di accoglienza umanitaria e di emergenza.
5. TRASFERIMENTI: Riattivare i trasferimenti alla Penisola in modo agile ed immediato, generando in modo stabile una procedura di trasferimenti periodici e sistematizzati per evitare un’operazione reattiva e improvvisata.
6. SOLIDARIETÀ TERRITORIALE: Progettare una ridistribuzione equa e solidale delle persone tra tutte le Comunità Autonome per evitare il sovraffollamento nelle Isole.
Il ministro degli Interni, Fernando Grande-Marlaska, ha assicurato che il governo ricollocherà «prossimamente» i migranti in cinque aree militari. «Non convertiremo le Canarie nella Lesbo spagnola» ha assicurato. Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti. E include anche il via libera decretato dalla Corte costituzionale spagnola alle cosiddette devoluciones en caliente, ossia trasferimenti immediati alle frontiere delle enclavi, avallate dalla Corte Europea per i diritti umani. Molti maliani sono stati, per esempio, deportati in Mauritania.
(Stefania Ragusa)