di Claudia Volonterio
Anche in un contesto difficile come quello del Mali, teatro di un conflitto decennale, insicurezza e sanzioni, c’è qualcosa che, nonostante tutto ancora resiste e fiorisce: l’arte e la cultura. Fino all’8 febbraio a Bamako è in corso la tredicesima edizione della Biennale africana di fotografia, una delle più longeve del continente e prima nel suo genere, un riferimento per fotografi di tutto il mondo. Quest’anno più che mai la manifestazione, che racchiude ed espone i lavoro di 74 artisti provenienti da più parti del continente e della diaspora, assume un importante valore sociopolitico.
La Biennale di Fotografia come resistenza culturale in un contesto di instabilità come quello del Mali. Così il direttore generale Cheikh Diallo ha definito la manifestazione, sottolineando il potere che questa ha di mantenere e creare connessioni, in un contesto di crisi.
Organizzata dal Ministero della Cultura del Mali in collaborazione con ‘Istituto francese di cultura, la Biennale resiste nonostante gli urti e il venir meno nell’ultimo periodo dei rapporti con la Francia, sempre più sfilacciati da quando sono state chiuse le sedi nel Paese di Rfi o France24. “Siamo supportati e ringraziamo la lealtà nella conduzione di questa partnership. Stiamo lottando per la cultura e credo che sia la migliore politica”, ha commentato Cheikh Diallo, delegato generale della Biennale di Fotografia Africana, diventata ormai dopo oltre vent’anni un’istituzione per Bamako. Non è un caso che l’evento si svolga proprio nella capitale del Mali, centro culturale del Paese. La città vanta anche una biblioteca nazionale, un museo nazionale e un importante festival musicale.
La Biennale, si legge sul sito, è il primo e principale evento nel continente dedicato alla fotografia contemporanea e al nuovo immaginario in Africa. Rinomato a livello internazionale, il Bamako Encounters è una piattaforma di scoperte, scambi e visibilità. “È un luogo essenziale per la rivelazione dei fotografi africani e quelli della diaspora, un momento di scambio con il pubblico maliano e i professionisti di tutto il mondo”. L’edizione di quest’anno vuole indagare cosa c’è oltre i confini tradizionali e categorizzanti di identità, cultura e politica.
Tra gli artisti da segnalare secondo la radio tedesca Deutsche Welle troviamo la fotografa maliana Fatoumata Diabate. Le sue opere sono per lo più ritratti o incentrate su questioni sociali e culturali, con un focus sulle donne e sui giovani. , Come riferisce Diabate all’emittente, festival come Bamako Encounters danno potere ai giovani e alle donne come lei di farsi conoscere da un pubblico molto vasto. “I maliani amano la fotografia”, ha aggiunto. In questi primi mesi della manifestazione c’è stato un grande afflusso di visitatori, soprattutto giovani. Quest’ultimi, secondo Diabate, hanno il potere di rimettere in piedi il Paese ed eventi come questo assumono un grande valore sia dal punto di vista sociale, che politico.
Interessante anche il lavoro di Seif Kousmate che nel suo lavoro approfondisce e indaga temi come le migrazioni, i giovani o il fenomeno della schiavitù in Mauritania. Per questa edizione ha affrontato una riflessione sul tema della ricostruzione del Ruanda dopo il genocidio.