Cinema: «Black Panther Power», la saga Marvel contro le discriminazioni

di Enrico Casale
Marvel

di Simona Cella

La comunità afroamericana è impazzita solo vedendo il trailer. Black Panther Power è  il primo film della Marvel con un protagonista (Chadwick Boseman), un regista (Ryan Coggler) e un cast quasi esclusivamente black (Michael B. Jordan, Lupita Nyongo, Forest Whitaker, Angela Basset) ha entusiasmato la critica e battuto ogni record di preacquisto biglietti.

In America il film uscirà il 16 febbraio e i gestori dei cinema si stanno preparando con gadget african style: bibite Black Panther, menu ispirati alla cucina etiope, occhiali stile T’Challa.  Ma non è solo marketing: 40mila dollari sono già stati raccolti per proiezioni gratis per ragazzi dei quartieri poveri. Più di duecento campagne di raccolta fondi in tutto il mondo da Harem a Londra da Toronto al Ghana.

Black Panther è un potente film sulla diversità culturale che veicola un messaggio positivo da diffondere in tutte le comunità discriminate. Afroamericani, Lgbt, donne, tutti dovrebbero vederlo. Un film che rompe gli standard Marvel inserendo in un genere dove prevale divertimento e azione un contenuto intriso di spiritualità e politica. Il messaggio è potente tanto che un gruppo di haters inneggianti alla supremazia bianca ha cercato di boicottare il film sui social network.

La storia di Black Panther nasce in un fumetto Marvel del 1966 e si intreccia con la saga di Capitan America e Avengers. Wakanda è una nazione africana ricca e tecnologicamente avanzata che, grazie alle enormi riserve di vibranio e ad una politica isolazionista, ha resistito per secoli alla colonizzazione e alla guerra. Il suo nuovo capo, T’Challa, incoronato dopo l’omicidio del padre, deve conciliare il potere di un sovrano con il destino di un super eroe. Un re illuminato, affiancato da una squadra tutta la femminile (guerriere, scienziate, paladine dei diritti dei più deboli) che deve, suo malgrado, affrontare il male. Per assicurare la pace nel mondo e la sopravvivenza di Wakanda, T’Challa deve difendere le riserve di vibranio da mercenari senza scrupoli ma sopratutto affrontare il cugino Erik Killmonger esiliato e assettato di vendetta e potere. È uno scontro fisico ma anche morale che lo costringe a sondare le contraddizioni del potere.

Wakanda è un Eldorado africano ricostruito al computer. Un patchwork di riprese realizzate negli Studios di Atlanta, in Corea del Sud, Argentina e Uganda che mescola paesaggi mozzafiato con strutture high tech. Lo spirito dell’Africa emerge nei sontuosi costumi di Ruth E. Carter (Amistad, Malcom X) che a capo di una squadra di più di 100 assistenti ha scandagliato il continente studiando tessuti, stili, colori, abiti tradizionali. Dai copricapo zulu indossati da Angela Bassett ai costumi regali nigeriani del maestoso Whitaker, la tradizione africana dialoga con uno stile futuristico . Protagonista assoluto il colore: dal rosso della tradizione sudafricana delle guerriere di Dora Milaje al verde indossato da Lupita Nyong’o e che richiama il colore delle tribù dei fiumi.  La musica non è da meno: il ritmo dei tamburi prevale su un tessuto hip hop. Il tutto supervisionato da Kendrick Lamar.

In Italia esce il 14 febbraio. Da non perdere. Soprattutto non uscite prima della fine dei titoli di coda.

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