Il segretario di Stato americano Antony Blinken è giunto ieri sera in Ruanda, l’ultima tappa del suo tour in tre nazioni dell’Africa, dove ha articolato la nuova strategia di Washington per impegnarsi con le nazioni dell’Africa subsahariana come “partner alla pari”.
Blinken arriva nel ‘Paese delle mille colline” in un momento particolarmente difficile per la regione africana dei Grandi Laghi, dove il Ruanda è in contrasto con la Repubblica Democratica del Congo. A Kinshasa, Blinken ha dichiarato che gli Stati Uniti sono “preoccupati” per le notizie credibili secondo cui il Ruanda ha sostenuto l’M23, ribellione attiva nell’est del Congo.
“Vogliamo che questa violenza nell’est del Paese finisca. Rispettiamo la sovranità della Repubblica Democratica del Congo”, ha poi affermato, insistendo: “tutti i Paesi devono rispettare l’integrità territoriale dei loro vicini”. Ha poi chiesto a ciascuna parte in questa regione di essere in grado di fermare il sostegno al gruppo armato M23 e a tutti gli altri gruppi armati non statali.
In un incontro oggi con il presidente ruandese Paul Kagame, Blinken dovrebbe discutere gli sforzi per allentare le tensioni. Il Ruanda rifiuta un nuovo rapporto degli esperti delle Nazioni Unite che affermano di avere “prove solide” che membri delle forze armate ruandesi stanno conducendo operazioni nell’est del Congo a sostegno del gruppo ribelle M23.
Le autorità ruandesi a loro volta accusano il Congo di aver dato rifugio ai combattenti di etnia hutu che hanno operato nel genocidio del Ruanda del 1994.
Sia il Ruanda che il Congo negano le accuse di sostegno ai gruppi ribelli e le autorità ruandesi hanno respinto l’ultimo rapporto degli esperti delle Nazioni Unite come una mossa “per distrarre dai problemi reali”.
Il presidente della commissione per le relazioni estere del Senato degli Stati Uniti in una lettera a Blinken il mese scorso ha chiesto una revisione completa della politica statunitense nei confronti del Ruanda e ha notato la sua preoccupazione per il fatto che il sostegno di Washington al Ruanda, ampiamente descritto dai gruppi per i diritti umani come autoritario e repressivo, non è in linea con i valori statunitensi.
All’ordine del giorno c’è anche la vicenda di Paul Rusesabagina, residente permanente negli Stati Uniti incarcerato in Ruanda dopo la sua condanna dello scorso anno per accuse legate al terrorismo. Rusesabagina, che ha ispirato il film “Hotel Rwanda”, ha ricevuto la Medaglia presidenziale della libertà degli Stati Uniti.