di Andrea Spinelli Barrile
Senza internet, nel 2024, non può esserci sviluppo né futuro. Da giovedì 14 marzo circa dieci paesi dell’Africa occidentale, centrale e meridionale stanno subendo interruzioni del servizio Internet a causa della, pare, recisione dei cavi di comunicazione sottomarini in fibra ottica. Queste interruzioni colpiscono diversi milioni di clienti, in particolare le piccole e medie imprese che hanno fatto di Internet uno strumento di efficienza operativa.
Senza internet, nel 2024, non può esserci sviluppo né futuro: non si può comunicare in modo efficace, navigare e fare ricerche online, promuovere i propri prodotti sui social e nei canali di vendita online, ma questa è solo la punta di un iceberg. Senza internet, nel 2024, non si ascolta più la radio né si vede la Tv, non si possono inviare bonifici ai fornitori né ricevere assistenza, non si possono riscuotere le tasse, pagare le scadenze, versare gli stipendi, gestire i dipendenti dell’azienda, ordinare cibo su internet, seguire un corso universitario o scolastico in remoto, fare telemedicina, scambiarsi informazioni vitali sul lavoro.
“Dal Ghana riesco a comunicare (con molti ritardi) con WhatsApp e scrivo questo post” scrive la giornalista Antonella Sinopoli, contattata da infoMundi, che vive vicino Accra: “Non posso però aprire link e (attraverso artifici vari) ci ho messo due giorni per caricare un reel”.
Da giovedì 14 marzo infatti, circa dieci paesi dell’Africa occidentale, centrale e meridionale stanno subendo interruzioni del servizio Internet a causa della, pare, recisione dei cavi di comunicazione sottomarini in fibra ottica. Queste interruzioni colpiscono diversi milioni di clienti, in particolare le piccole e medie imprese che hanno fatto di Internet uno strumento di efficienza operativa. Non è la prima volta che succede, in Africa ma la novità sta nella portata del problema: con la recisione di altri quattro cavi, questi nello stretto di Bab el-Mandeb, a largo di Gibuti, sono almeno mezzo miliardo solo gli individui che stanno avendo problemi di connettività ad internet. Un problema che, oggi più che mai, richiama gli Stati africani alla necessità di accelerare l’adozione di nuove soluzioni a sostegno dell’economia digitale, sempre più emergente nel continente più giovane del mondo.
La connessione satellitare, che negli anni Novanta del Novecento era una tecnologia che sembrava pronta a decollare per le masse di tutto il mondo ma che è stata eclissata dalla telefonia mobile, è una di queste possibili soluzioni. Oggi infatti scopriamo che la telefonia mobile non basta più perché i problemi sono molto più complessi, improvvisi e imponderabili di quanto non si sia progettato: negli ultimi anni l’emergere delle mega-costellazioni in orbita terrestre bassa (Leo), un approccio inteso a portare la connettività ad alta velocità direttamente in qualsiasi luogo del pianeta in un contesto di domanda crescente, ha aumentato di molto il valore dei progetti Leo.
Oltre ai servizi che richiedono l’acquisto di particolari apparati di ricezione (antenna, modem, etc), ancora inaccessibili per la maggior parte degli africani che prediligono il mobile, soluzioni cosiddette Direct to Device (D2d) sono presentate anche dalla Global satellite operators association (Gsoa) e consentono ai consumatori di connettersi direttamente al satellite: la Gsoa vuole che i regolatori delle telecomunicazioni adottino regimi normativi flessibili, consentendo lo sviluppo di un mercato competitivo attraverso quadri normativi flessibili, che comprendono la neutralità tecnologica, un regime di licenze semplificato con tariffe ragionevoli, il riconoscimento reciproco della certificazione e dell’omologazione dei dispositivi. È inoltre importante controllare la tassazione sulle apparecchiature per ridurne i costi per i consumatori.
L’esempio principe è Starlink, la galassia satellitare di Elon Musk, che da gennaio sperimenta un nuovo approccio, dato che il costo dei suoi servizi fissi sta rallentando la sua espansione, soprattutto nei paesi in via di sviluppo e a basso reddito. Ma non è l’unico: oltre agli altri privati, anche la Comunità dell’Africa orientale (Eac) ha deciso di investire collettivamente risorse nella creazione di un satellite comune per fornire servizi Internet in tutta la regione, decisione presa a novembre 2023 durante la riunione ministeriale congiunta del Cluster di sviluppo delle infrastrutture Ict nell’ambito dei progetti di integrazione del corridoio settentrionale (Ncip), tenutasi a Nairobi. Il progetto vale 300 milioni di dollari: se insostenibile per un singolo Paese, questo è sicuramente più accessibile se sviluppato da una comunità di nazioni. Uno degli obiettivi del progetto è comunque rafforzare la connettività fornita dalla fibra ottica ma promuovendo l’inclusione digitale delle aree remote tramite la connessione satellitare.
Paesi africani come la Mauritania, la Guinea, la Liberia, la Sierra Leone, il Gambia e persino la Guinea Bissau sono ancora collegati solo a un unico cavo di fibra ottica sottomarina. Altri, come il Mali, il Niger, il Burkina Faso, il Ciad e la Repubblica Centrafricana dipendono ancora dai collegamenti terrestri dei paesi vicini perché non dispongono di accesso diretto al mare.