Sono state rilasciate da militanti di Boko Haram, alcune delle 110 ragazze rapite il 19 febbraio scorso a Dapchi, nel nord della Nigeria. Le modalità della liberazione sono strane. Una colonna di fuoristrada – testimoni parlano di nove- con a bordo le ragazze le ha scaricate nei pressi del villaggio dal quale erano state rapite. Poi le auto si sono disperse in varie direzioni. La polizia locale le ha prese in carico affermando che almeno cinque delle ragazze mancano all’appello.
Sul rapimento di queste 110 ragazze stava montando un caso. Amnesty International aveva accusato il governo di non avere impedito il rapimento nonostante le forze di sicurezza fossero state avvisate che una colonna di jihadisti stava per compiere il sequestro.
L’esercito federale nigeriano si è ritirato da Dapchi a gennaio. Da allora la base più vicina si trova ad un ora di auto. Se i militari fossero partiti tempestivamente avrebbero fatto in tempo a fronteggiare i jihadisti e magari a farli fuggire dato che la comunicazione alle forze di sicurezza era stata di quattro ore prima del sequestro.
Amnesty è stata durissima. In un comunicato afferma che “Il rapimento di 110 studentesse del collegio governativo di scienza, compiuto il 19 febbraio da Boko Haram poteva essere impedito così come poteva essere impedito il rapimento delle 376 studentesse di Chibok nel 2014 che fecero poi coniare l’hastag BringBackOurGirls. Le autorità paiono non aver appreso la lezione e si sono nuovamente macchiate di una grave colpa”.
In attesa di comprendere (se mai si sarà in grado di comprendere) il motivo che ha fatto liberare le ragazze Dapchi non si può fare a meno di constatare che Boko Haram è ancora in grado di colpire, ha una buona capacità logistica e persegue una strategia.
(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)