Botswana, la culla del turismo sostenibile

di claudia

Nel continente, il pioniere del turismo sostenibile che fa da modello per gli altri Paesi africani, ma anche a livello internazionale è il Botswana. Lo rilevano siti specializzati di settore come Lonely Planet o breakingtravelnews.com. Non c’è da stupirsi che questo paese dell’Africa meridionale, una perla di fauna e natura, si sia aggiudicato questo titolo: il paese ha stabilito già da una ventina d’anni una precisa strategia di “ecoturismo” volta proteggere gli animali con più iniziative e ad oggi il 37 per cento del suo territorio è protetto, riporta Lonely Planet.

Una di queste iniziative è la creazione di appositi santuari dedicati alla protezione della fauna selvatica, che si occupano giornalmente di salvare specie a rischio estinzione, come elefanti e rinoceronti, proteggendoli in particolare dalla minaccia del bracconaggio. I numeri parlano da soli: il Botswana ospita una delle più grandi popolazioni di elefanti di uno stato africano, con oltre 200.000 esemplari.

A fare la differenza è l’approccio dei lodge e dei safari pensati per preservare l’ambiente senza sfruttarlo e garantire alle popolazioni locali uno strumento di sostentamento sostenibile a livello ambientale e sociale.

La maggioranza delle strutture turistiche come i camping è dotata di impianti solari, i veicoli per spostarsi sono elettrici e c’è una procedura per lo smaltimento dei rifiuti. La sostenibilità riguarda anche l’economia locale, per cui i prodotti di consumo come il cibo vengono acquistati esclusivamente da produttori locali.

Il turismo sostenibile è il fiore all’occhiello di questo Paese che è riuscito a trasformarsi grazie al settore in un punto di riferimento mondiale, incrementando di molto la sua economia. L’attenzione al mantenimento del livello di sostenibilità è alta: per questo le autorità hanno fissato degli standard di responsabilità ambientale come riferimento per le aziende affinché agiscano nel rispetto di degli standard o addirittura tentino di superarli.

Foto di Stéphan Coquelet, Licenza Creative Commons

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