Botswana: la sconfitta di Masisi non segnerà la fine dei “dinosauri” al potere in Africa da decenni

di claudia
Mokgweetsi Masisi

Di Federico Pani Centro studi AMIStaDeS APS

Nel Botswana la crisi dei diamanti ha sancito il tracollo del partito al potere dal 1966. Anche se l’esito delle urne sembra ricalcare quanto avvenuto nel vicino Sudafrica, l’eco e la richiesta di cambiamento di alcune popolazioni dovranno fare i conti con la voglia delle élite politiche di rimanere al potere. Anche in paesi come Camerun, Guinea Equatoriale e Congo-Brazzaville alcuni leader, spesso definiti “dinosauri” della politica, continuano a mostrare una forte determinazione a mantenere il controllo.

Il partito del candidato dell’opposizione del Botswana, Duma Boko è stato dichiarato vincitore delle elezioni contro il presidente Mokgweetsi Masisi: un cambiamento storico che ha posto fine ai 58 anni di dominio del partito al potere dal 1966, anno dell’indipendenza del Paese dalla Gran Bretagna.

Può questa svolta elettorale riflettere un’ondata di rinnovamento politico e una crescente insofferenza verso lo status quo, comune a tanti Paesi africani e alle nuove generazioni animate dal desiderio di cambiamento?

Nel periodo post-coloniale, il Botswana ha costruito uno degli standard di vita più elevati del continente attraverso un’economia basata in gran parte sui diamanti, diventando il secondo produttore al mondo dopo la Russia. Per molti decenni il paese è stato così considerato un controesempio alla “maledizione delle risorse”, utilizzando le sue enormi esportazioni di diamanti per uno sviluppo costantemente forte e mantenendo al contempo le sue credenziali democratiche.

Recentemente, tuttavia, una flessione della domanda globale di diamanti ha registrato conseguenze negative sull’economia, diventando un tema chiave nella campagna elettorale. La crisi ha portato a un aumento della disoccupazione, in particolare tra i giovani, con un tasso superiore al 27%. Il presidente uscente Masisi e il suo partito hanno subìto pesanti critiche per non aver diversificato l’economia, una mancanza che ha costretto il Botswana a intraprendere misure di austerità impopolari.

Questo dimostra come lo sviluppo basato sulle risorse, anche quando relativamente ben gestito, possa essere un’arma a doppio taglio, lasciando i paesi che ne dipendono in balia delle crisi del ciclo delle materie prime.

La sconfitta del partito di governo segue un’importante svolta politica anche nel vicino Sudafrica, dove l’African National Congress (ANC), al potere da decenni, ha perso la sua maggioranza trentennale nelle elezioni del maggio scorso. Entrambi i casi evidenziano oggi una realtà emergente per molti partiti africani: l’eredità e il prestigio acquisiti durante la lotta anti-coloniale sembrano oggi meno rilevanti per una nuova generazione di elettori, e non risuonano più come collante sociale. Un crescente numero di giovani, infatti, appare più interessato a ottenere una buona istruzione, a investire nella ricerca di un’opportunità lavorativa migliore e a un’atmosfera di rinnovamento. “Non potrei essere più felice di vederci fuori dal governo di Masisi e della sua amministrazione”, ha detto, ad esempio, Tumelo Eetsi, un insegnante trentatreenne che vive a Gaborone, la capitale del Botswana. “Volevo solo vedere un cambiamento per questa nazione e spero che avremo un nuovo inizio su molte cose”. Vale la pena notare che molte di queste tendenze economiche e generazionali non sono specifiche soltanto del Botswana.

Se in quest’ultimo caso, gli elettori che chiedevano responsabilità sono stati in grado di esprimersi efficacemente attraverso le urne, altrove, invece, tale espressione si è spesso manifestata sotto forma di colpi di stato o proteste popolari, a volte ascoltate, ma spesso contrastate e annichilite dalle autorità e dai risultati delle urne. Ad esempio, nell’agosto 2023 dopo il colpo di stato militare guidato da Brice Nguema in Gabon, alcuni commentatori politici avevano ipotizzato che il rovesciamento avrebbe con buone probabilità creato effetti a cascata in tutta la sotto regione, specie in quei paesi governati da “dinosauri”.

Tra questi, il Camerun di Paul Biya, novantunenne al potere da oltre quarant’anni, la Guinea Equatoriale di Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, ottantaduenne, e la Repubblica del Congo di Denis Sassou Nguesso, anch’esso ottantenne, si trovano a fronteggiare le stesse problematiche che hanno alimentato il rovesciamento in Gabon. Nonostante ciò, i loro governanti rimangono saldamente al comando, con Sassou Nguesso che ha già annunciato la sua intenzione di candidarsi nuovamente nel 2026.

Teodoro Obiang Nguema Mbasogo

In altre parti del continente, invece, tentativi di candidati alternativi di rompere con il passato non hanno sempre avuto il successo sperato. In Nigeria, ad esempio, il candidato Peter Gregory Obi, un uomo d’affari di 63 anni che aveva promesso riforme e un radicale cambiamento di direzione per il Paese, è stato sonoramente battuto da Bola Ahmed Tinubu, veterano “padrino politico” e candidato del partito al governo All Progressives Congress. Simili esiti deludenti si sono registrati anche in Uganda con Bobi Wine, con Nelson Chamisa nello Zimbabwe, con Adalberto Costa Júnior in Angola e con Martin Fayulu nella Repubblica Democratica del Congo.

Per il Botswana, la sfida imminente sarà adesso quella di ridurre la dipendenza dell’economia dalle esportazioni di diamanti. Non si tratterà di un compito facile: il mercato delle pietre preziose sta attraversando una fase di seria contrazione, influenzata dalla diminuzione della domanda in Cina e negli Stati Uniti, dal calo dei prezzi e dalla crescente competizione dei cristalli prodotti in laboratorio. Sarà essenziale per il nuovo governo trovare strategie efficaci per diversificare l’economia e garantire un futuro sostenibile per la nazione.

Condividi

Altre letture correlate: