È forse giunta l’ora dell’estradizione di François Compaoré, fratello dell’ex presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, in merito al suo presunto coinvolgimento nell’assassinio del giornalista Norbert Zongo, un omicidio risalente al 1998 per il quale non è ancora stata fatta giustizia.
Arrestato il 29 ottobre 2017 all’aeroporto parigino di Roissy sulla base di un mandato di cattura internazionale emesso dalla giustizia burkinabè, il fratello minore dell’ex presidente si è presentato lunedì davanti al Consiglio di Stato francese, che ha due settimane per pronunciarsi sull’eventuale estradizione. Il decreto di estradizione è già stato firmato il 5 marzo 2020 dall’allora primo ministro francese Edouard Philippe. Gli avvocati dell’accusato sostengono che mandarlo in carcere in Burkina Faso sarebbe rischioso per la sua vita e la sua sicurezza. “Se François Compaoré sarà estradato, verrà ucciso in cella”, ha assicurato il legale Pierre-Olivier Sur. La difesa considera inoltre la domanda d’estradizione una richiesta puramente politica.
Il caso Norbert Zongo è una ferita ancora aperta per i difensori dei diritti umani e molti burkinabè. Il direttore del settimanale L’Indépendant fu assassinato il 13 dicembre 1998 a Sapouy, 100 km a sud di Ouagadougou. Il corpo di Zongo e di tre dei suoi compagni, uccisi a colpi di arma da fuoco, sono stati trovati accanto al loro veicolo incendiato. All’epoca, il giornalista stava indagando sull’omicidio di David Ouedraogo, autista di François Compaoré, torturato a morte dai membri della guardia presidenziale. Consigliere speciale del presidente Blaise Compaoré e figura molto influente nel regime deposto, François è stato per un periodo accusato di “omicidio e occultamento di cadavere” in relazione alla morte del suo autista, David Ouédraogo. Fançois si considerava protetto fino all’insurrezione popolare dell’ottobre 2014 che ha cacciato via Blaise Compaoré dal potere e dal Paese. Dopo la fuga del presidente, sono stati ritrovati centinaia di documenti durante il saccheggio commesso nella sua vecchia residenza.
Nel 1999, più di cento persone erano state ascoltate dalla giustizia e sei “sospettati seri” erano stati individuati da una commissione d’inchiesta indipendente. Solo l’aiutante di campo Marcel Kafando, ex capo della guardia ravvicinata del presidente Compaoré, è stato incriminato per “assassinio”, prima ottenere un non luogo a procedere nel luglio 2006, confermato in appello.
Con una sentenza del 28 marzo 2014, la Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, con sede ad Arusha (Tanzania), ha evidenziato le carenze dell’indagine. Il caso è stato riaperto dalla giustizia del Burkina Faso, che ha emesso un mandato di cattura internazionale, nel maggio 2017, nei confronti di François Compaoré. Nel novembre 2017, durante una visita a Ouagadougou, il presidente francese Emmanuel Macron ha promesso di fare tutto il possibile per rispondere favorevolmente alla richiesta delle autorità burkinabè.