di Andrea Spinelli Barrile
Regna la calma da ieri mattina a Ouagadougou e nell’interno del Burkina Faso, dopo tre giorni di crisi politico-militare cominciata venerdì con l’inizio del colpo di stato e culminata con le dimissioni del precedente leader golpista, il colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, e la presa definitiva e ufficiale del potere del capitano Ibrahim Traoré.
Le dimissioni di Damiba sono arrivate al termine di una trattativa, durata tutta la giornata di domenica, tra i golpisti e la precedente amministrazione, mediata da un cartello di associazioni religiose e tradizionali locali. Secondo il comunicato stampa letto alla tv nazionale ieri sera dal capitano Farouk Sorgho, portavoce dei nuovi golpisti, Traoré ha preso il potere e lo deterrà fino alla nomina di un nuovo presidente tramite elezioni. Traoré e i suoi uomini hanno annunciato che la misura relativa alla chiusura delle frontiere è stata revocata mentre già sabato era stato revocato il coprifuoco notturno. Dopo l’auto-nomina, Traoré ha incontrato i segretari generali dei dipartimenti ministeriali, con i quali ha fatto il punto sui dossier più urgenti da affrontare.
La presa del potere di questo gruppo di militari è stata accompagnata da manifestazioni di protesta molto critiche verso la precedente giunta militare e verso la Francia: i manifestanti hanno quasi assaltato l’ambasciata francese nella capitale burkinabé, dando fuoco a una garitta, accusando Parigi di interferire negli affari interni e chiedendo la fine della missione militare francese nel Paese. Già durante il golpe di gennaio di Damiba si erano viste manifestazioni simili, anche quelle terminate il giorno dopo la presa del potere.
Dopo aver espresso preoccupazioni per il nuovo colpo di stato, domenica sera la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas) ha salutato il ritorno alla calma a Ouagadougou, accogliendo con favore la risoluzione pacifica della crisi, con le dimissioni di Damiba: “Prendo atto in particolare della decisione del tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba di dimettersi dalle sue funzioni di presidente del governo di transizione del Burkina Faso, al fine di evitare uno scontro violento e un possibile bagno di sangue” si legge in un comunicato stampa dell’attuale presidente di Ecowas Umaro Sissoco Embalo, che è anche presidente della Guinea Bissau.
Il presidente di Ecowas ha anche “applaudito” il popolo del Burkina Faso invitandolo a “dirimere le proprie divergenze” attraverso il dialogo e non attraverso la violenza ed ha chiesto alle nuove autorità burkinabé “di rispettare gli impegni presi con Ecowas” dalla precedente giunta militare relativamente al periodo di transizione, annunciando infine che nell’ambito dell’impegno dell’Ecowas per la pace e la stabilità in Burkina Faso, una delegazione ufficiale dell’organo regionale visiterà il Paese nella giornata di ieri. Le dimissioni di Damiba sono arrivate in seguito a un accordo basato su sette richieste avanzate dalla precedente giunta militare: una delle condizioni poste da Damiba era proprio il rispetto degli impegni presi con Ecowas, ovvero il ritorno all’ordine costituzionale entro il 1 luglio 2024 attraverso l’organizzazione delle elezioni: Traoré ha assicurato che manterrà il otere “fino al giuramento di un nuovo presidente”.
Il nuovo capo della giunta militare, il capitano Ibrahim Traoré, è oggi il leader più giovane della regione Ecowas e viene descritto dai media locali come “un soldato temprato dalla battaglia” che era diventato sempre più critico nei confronti delle “strategie fallite” del suo predecessore. Traoré, 34 anni, ha iniziato la sua carriera militare nel 2009 e ha prestato servizio in vari contingenti e in diversi scenari sia nell’est che nel nord del Burkina Faso, le regioni in cui si registrano le criticità maggiori.
Faceva parte di un gruppo di soldati che hanno appoggiato il colpo di stato del 24 gennaio del tenente colonnello Damiba contro il presidente eletto Roch Kaboré.
Secondo gli analisti di Acled, quest’anno il Burkina Faso ha scalzato il vicino Mali come epicentro della violenza dei miliziani e dei gruppi islamisti nel Sahel. Il morale delle forze di sicurezza burkinabé è messo a dura prova dai persistenti attacchi dei ribelli e dalle cattive condizioni di lavoro, in particolare nelle instabili terre di confine.