Mercoledì 6 novembre 38 persone sono state uccise da uomini armati in un’imboscata a circa 40 chilometri dalla miniera di Boungou. Giovedì la Semafo, società mineraria canadese con sede nel Burkina Faso orientale, ha annunciato la sospensione delle sue operazioni fino a nuovo avviso.
Non è la prima volta che le industrie dell’oro del Burkina Faso sono soggette a episodi di violenza. La situazione è preoccupante per l’economia del Paese che è il terzo produttore di oro nell’Africa occidentale con una produzione di 52 tonnellate all’anno. Il settore contribuisce per l’11% al prodotto interno lordo del Burkina Faso e dà lavoro a più di 1,5 milioni di persone.
La Semafo intendeva produrre 200.000 once di oro all’anno da quest’anno, dal momento che la miniera è sede di riserve di circa 40 tonnellate. “La sospensione delle attività di Semafo, anche anche temporanea, invia il segnale sbagliato, soprattutto agli investitori stranieri”, spiega – come si legge su RFI – Didier Julienne, consulente di materie prime.
Un rapporto pubblicato nel 2018 dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico evidenzia l’insicurezza che minaccia il settore dell’oro del Burkina Faso: nell’agosto 2018 i convogli Semafo avevano già subito attacchi. Nel mese successivo, tre lavoratori stranieri della miniera d’oro di Inata furono rapiti a Dori, nel nord del Paese. Nel gennaio 2019, un geologo canadese è stato assassinato a Tiabangou, nella regione del Sahel.
“Chiaramente, è il rapporto rischio-profitibilità che determinerà se gli investitori stranieri persistono o meno”, continua Didier Julienne (sempre da RFI). Oggi i prezzi dell’oro sono alti, ma se persiste l’insicurezza, gli industriali potrebbero rivolgersi a Paesi più calmi come il Ghana, il più grande produttore di oro dell’Africa occidentale.