In una lettera indirizzata al suo omologo ugandese, Yoweri Museveni, il Presidente del Burundi, Pierre Nkurunziza, ha richiesto lo svolgimento di un summit speciale dei capi di stato della regione che dovrebbe avere come tema centrale ciò che lui ha definito il “conflitto aperto” con il suo vicino e “nemico” ruandese.
La notizia è arrivata all’agenzia Afp direttamente dalla presidenza burundese, come riporta Jeune Afrique, ed è circolate sui social network. Nel documento Nkurunziza ha accusato direttamente il Ruanda, come ha già fatto in diverse occasioni nell’ultimo periodo, di essere la causa della crisi che attraversa il Burundi dall’aprile del 2015. Il presidente burundese aveva annunciato la candidatura a un terzo mandato (poi ottenuto tramite elezioni “farsa”) violando la Costituzione in vigore in quel momento e facendo insorgere l’opposizione e il suo popolo.
Nella lettera, datata 4 dicembre e inviata a Museveni, che funge da mediatore nella crisi del suo paese, sostiene in particolare che il suo vicino sostenga dei giovani rifugiati burundesi che starebbero cercando di destabilizzare il Burundi dall’esterno. Non c’è stata nessuna replica da parte del governo di Kigali.
Dopo aver provocato con la sua assenza il rinvio lo scorso 30 novembre del summit della Comunità dell’Africa orientale (EAC) che doveva occuparsi della crisi, Nkurunziza ha detto che sarà prima necessario risolvere il conflitto tra Burundi e Ruanda se si vorrà che il governo di Bujumbura partecipi all’ultimo round del dialogo inter-burundese.
Nkurunziza e il suo esecutivo continuano a boicottare qualsiasi dialogo di pace con l’opposizione in esilio, accusata di aver fomentato un golpe.
Dal 2015 ad oggi le Nazioni Unite hanno registrato oltre 1.200 morti e oltre 400mila sfollati e rifugiati a causa della crisi e della brutale repressione del regime burundese. Le atrocità commesse nel paese hanno indotto la Corte penale internazionale ad autorizzare un’indagine su presunti reati sponsorizzati dallo Stato che includevano omicidio, stupro e tortura. La risposta del governo è stata il ritiro, l’anno scorso, della propria adesione al tribunale dell’Aja.
Il Burundi ha smesso di collaborare con l’UNHCR più di due anni fa, accusandolo di “complicità con i golpisti e i nemici del Burundi” dopo la pubblicazione di un rapporto che sosteneva “il coinvolgimento del regime in abusi sistematici e il rischio di genocidio”.
Giovedì scorso le autorità di Bujumbura hanno ufficialmente chiesto all’agenzia per i diritti umani delle Nazioni Unite di lasciare il paese.