Un paese dimenticato, o quasi, nel quale però la repressione continua ad essere durissima e i diritti umani ampiamente violati. In Burundi le Nazioni Unite hanno dovuto chiudere, su ingiunzione del governo, il proprio ufficio per il monitoraggio dei diritti umani. La “richiesta” è arrivata all’Onu dopo che è stata reso noto un rapporto che denunciava casi di esecuzioni sommarie, detenzioni arbitrarie, torture, abusi sessuali e rapimenti tra il 2017 e il 2018.
Michelle Bachelet, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, “con grande rammarico” ha dovuto annunciare che l’ufficio dell’Onu è stato chiuso alla fine di febbraio dopo 23 anni di attività. “Purtroppo, molti progressi in materia di diritti umani sono stati seriamente compromessi dal 2015”, ha detto la Bachelet.
Il Burundi è alle prese con una situazione di forte repressione interna dal 2015, quando il presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato l’intenzione di candidarsi per un terzo mandato, spingendosi oltre il limite di due mandati stabilito dalla legge. La sua rielezione ha innescato una crisi che ha provocato centinaia di morti e costretto migliaia di persone ad abbandonare le proprie case.
Contro il Burundi sono state varate sanzioni ed embargo da parte della Unione Europea e della Comunità internazionale, ma il regime è rimasto inamovibile e ha anzi inasprito la repressione interna.
(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)