Almeno 15 persone sono state uccise e altre sei hanno subito abusi sessuali nel corso della campagna referendaria in vista del referendum costituzionale che si è svolto venerdì in Burundi. Lo denuncia l’organizzazione non governativa Human Rights Watch (Hrw) in un rapporto pubblicato oggi, secondo cui le forze di sicurezza e i membri dell’ala giovanile del partito di governo Cndd-Fdd – la famigerata milizia Imbonerakure – hanno creato un clima di paura e intimidazione in vista del voto, prendendo di mira gli oppositori, alcuni dei quali sono stati «uccisi, violentati, rapiti, picchiati e intimiditi».
Il referendum in Burundi «si è svolto in un clima di abusi e intimidazioni diffuse, che chiaramente non favorisce la libera scelta», ha affermato Ida Sawyer, direttrice di Hrw per l’Africa centrale. Il referendum è stato voluto dal presidente Pierre Nkurunziza per ottenere la possibilità di rimanere al potere fino al 2034. Il referendum, fortemente contrastato dall’opposizione, è stato indetto dopo che il governo del Burundi ha adottato lo scorso ottobre un progetto di revisione della Costituzione che permette al presidente Nkurunziza, al potere dal 2005, di restare alla guida del paese per altri due mandati di sette anni a partire dal 2020.
Il progetto è stato fortemente criticato dall’Unione africana e dall’opposizione, secondo cui il referendum sancirebbe “il funerale” dell’accordo di pace del 2000 che ha posto fine a una guerra civile di 13 anni. Il Burundi è precipitato in una nuova crisi nell’aprile 2015, quando il presidente Nkurunziza ha rifiutato di dimettersi dopo la fine del suo secondo mandato e ha deciso di candidarsi per un terzo mandato alle elezioni tenute nello stesso anno.