di Enrico Casale
Il 7 settembre 2014, tre suore italiane furono assassinate nella loro missione a Bujumbura, in Burundi. Si chiamavo Lucia Pulici, Olga Raschietti e Bernadetta Boggian. A otto anni da quei tragici fatti, l’inchiesta condotta da Giusy Baioni, una giornalista italiana che da anni segue le dinamiche della regione dei Grandi Laghi, getta nuova luce sui fatti che hanno sconvolto il piccolo Paese dell’Africa centrale.
È il pomeriggio del 7 settembre 2014 a Bujumbura, in Burundi. Due anziane missionarie italiane, Olga Raschietti e Lucia Pulici, vengono trovate orribilmente massacrate nella loro abitazione. La polizia circonda l’edificio per garantirne la sicurezza. In piena notte, nonostante la presenza degli agenti, anche una terza missionaria saveriana, Bernardetta Boggian, viene uccisa. Il fatto, per la sua brutalità e per l’età delle consacrate, fa il giro del mondo, suscitando orrore. Nel giro di poche ore la polizia burundese arresta un malato psichiatrico, che confessa di aver ucciso le tre religiose per dissidi legati a un terreno. In pochi gli credono e il clamore internazionale si placa.
Gennaio 2015: la radio burundese Rpa, la più seguita nel Paese, manda in onda la voce di un uomo che afferma di essere uno dei killer delle suore e indica come mandante dell’operazione il capo dei servizi segreti burundesi, il generale Adolphe Nshimirimana. Si parla di affari illeciti, formazione di milizie, interessi politici. Tanta carne al fuoco. Poca chiarezza. A otto anni da quei tragici fatti, l’inchiesta condotta da Giusy Baioni, una giornalista italiana che da anni segue le dinamiche della regione dei Grandi Laghi, getta nuova luce sui fatti che hanno sconvolto il piccolo Paese dell’Africa centrale.
Uno Stato, il Burundi, di cui anche gli specialisti si occupano pochissimo. Una nazione che ha vissuto momenti drammatici, con scontri tra le etnie, guerre civili, colpi di Stato. Una storia non sempre facilmente decifrabile. “Una delle prime e più grandi difficoltà che mi ha accompagnato in questo mio lavoro è stata proprio quella di trovare fonti equilibrate – continua Giusy Baioni -. In Burundi c’è sempre, anche quando si va ad affrontare il tema storico, una lettura di parte. Questo mi è costato grande fatica anche perché io mi ponevo di fronte a una nazione, ma dall’esterno. Ho dovuto quindi calarmi, immedesimarsi nella situazione del Paese. Imparare a distinguere tra le fonti, capire come dare il giusto peso alle dichiarazioni di ciascuno e a non cadere nelle dinamiche interne. Ho cercato di mantenere il giusto equilibrio per raccontare le vicende di questo strano triplice omicidio di religiose”.
Questa vicenda è quindi, non solo un’occasione per conoscere l’intreccio di vicende nascoste dietro l’omicidio di tre suore italiane, ma anche per approfondire la storia del Paese. “Mi auguro che i lettori italiani possano comprendere meglio le dinamiche interne, così complesse, del Burundi – osserva Giusy Baioni -. Anche se lo spaccato che ne emerge, forse, non corrisponde più al Paese attuale, perché nel frattempo le condizioni politiche sono cambiate. E poi è uno spaccato disegnato con una lente deformante. Nelle conclusioni, infatti, chiedo scusa ai burundesi perché mi sono ritrovata, mio malgrado, a raccontare soltanto vicende terribili, mentre il popolo burundese, quando ho avuto l’occasione di incontrarlo, ha dimostrato di essere accogliente, pacifica”.
La vicenda della morte delle suore è molto complessa e passa attraverso confessioni false, depistaggi. “Da subito – continua l’autrice -, ho notato elementi che non tornavano nella ricostruzione ufficiale dei fatti. Dopo le prime ricostruzioni, nei mesi successivi sono infatti iniziate a girare informazioni di altro tipo e mi sono resa conto che poteva esserci una storia intesa a livello giornalistico, qualcosa di interessante da raccontare, cercando di approfondirla. La cosa mi ha incuriosito e mi ha appassionato e così ho deciso di andare avanti”.
Nel libro “Nel cuore dei misteri” (All Around, 688 pagine, 22 euro) viene ricostruito l’omicidio e una buona parte degli avvenimenti che ci sono dietro, ma non tutto è ancora chiaro. «Non al 100% – sottolinea -. Con pazienza e con fatica ho però trovato diverse testimonianze, anche molto importanti e vanno tutte, più o meno, nella stessa direzione. Quindi diciamo che il quadro è ormai abbastanza chiaro. Quello che ho scoperto, che però non anticipo, è che dietro questi omicidi c’era una motivazione legata alla sfera del potere che in quei mesi era squassata da lotte interne in vista delle elezioni”.