Una grandi folla si è riversate ieri nelle strade della capitale sudanese, Khartoum, ignorando il coprifuoco dichiarato dal nuovo consiglio militare del Paese dopo l’arresto e la destituzione del presidente Omar al-Bashir. I manifestanti protestanto contro i militari che hanno preso il potere perché li considerano complici dell’ex capo di Stato. Le proteste fanno temere un violento scontro tra i manifestanti e l’esercito. C’è anche il pericolo che elementi delle forze di sicurezza e delle milizie possano scontrarsi.
L’Onu e l’Unione africana hanno entrambi lanciato appelli alla calma. Il Sudan dovrebbe riaprire il suo spazio aereo questa mattina, dopo una sospensione di 24 ore, ma i confini terrestri e marittimi rimarranno ancora chiusi.
Alla notizia della caduta di Omar al Bashir la gente era scesa in strada per festeggiare. Ma il clima di gioia si è rapidamente trasformato in rabbia quando gli organizzatori delle manifestazioni hanno chiesto un sit-in di massa fuori dal quartier generale militare e hanno lanciato un appello a continuare le proteste.
«Questa è una continuazione dello stesso regime – ha detto Sara Abdeljalil dell’Associazione dei professionisti sudanesi -. Quindi quello che dobbiamo fare è continuare la lotta e la resistenza pacifica». Più tardi, una dichiarazione ufficiale diffusa dai media nazionali, i generali hanno consigliato ai cittadini di «astenersi dalle proteste per la loro sicurezza, «le forze armate e il consiglio di sicurezza svolgeranno il proprio compito di sostenere la pace e la sicurezza e proteggere i mezzi di sussistenza dei cittadini».
La situazione quindi è ancora tesa. Saranno le prossime ore a dirci se le proteste rientreranno oppure se continueranno. Il rischio è di un conflitto interno. Il pallino è in mano ai generali. Saranno loro a guidare la svolta.