Il caffè è una delle maggiori fonti di sostentamento per milioni di piccoli agricoltori etiopi, parte integrante dell’identità del Paese, oltre ad essere il prodotto più esportato dell’Etiopia. Un nuovo regolamento europeo contro la deforestazione che dovrebbe entrare in vigore nel 2025 metterebbe però fortemente a rischio il settore. I coltivatori sono in allarme, alle prese con un documento in grado di garantire che la loro terra non sia stata deforestata.
Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo – si stima che se ne bevano 2,25 miliardi di tazze ogni giorno – nonché uno dei prodotti più scambiati. In Etiopia, dove è nato il caffè, la sua preparazione accurata resta oggi un rituale simbolico praticato ogni giorno.
Questo amatissimo prodotto è la più grande esportazione dell’Etiopia e la principale fonte di valuta estera, riporta il Guardian. Al contempo l’Unione Europea si classifica come il mercato più grande che assorbe oltre il 30% dei chicchi di caffè dell’Etiopia. Sulla coltivazione e trasformazione del caffè ci contano ben cinque milioni di piccoli agricoltori, una produzione che negli ultimi anni è andata a gonfie vele, facendo crescere economicamente il Paese. Una crescita che potrebbe però arrestarsi, a causa della nuova legislazione europea – Regolamento UE sui prodotti privi di deforestazione (EUDR) – che entrerà in vigore nel 2025.
Il regolamento prevede che vengano vietati tutti i prodotti quali caffè, ma anche cacao e gomma, qualora le aziende produttrici non siano in grado di dimostrare che il prodotto non sia il frutto di terreni deforestati. Una vittoria da un punto di vista ambientale che mette in sicurezza dall’abuso dei terreni e dal divampare della deforestazione. Ma, i risvolti economici per i piccoli agricoltori sono importanti spiega Guardian. Diverse voci si stanno levando per sottolineare l’ingiustizia di questo regolamento. Penalizzati infatti sarebbero i piccoli agricoltori che si sostentano con i loro appezzamenti di terreno, vivendo spesso al limite della povertà, senza avere competenze o possibilità di recuperare i dati richiesti e dimostrare quanto chiesto dalla legge.
Per riscontrare questi parametri servono infatti risorse tecnologiche e personale che in realtà cosi piccole non c’è. Ad aumentare la frustrazione dei coltivatori etiopi c’è la consapevolezza della sostenibilità della colture di caffè in Etiopia, soprattutto se confrontate con altre, come quelle fatte in Brasile, dove, spiega Abebe, uno di loro, “la maggior parte delle piantagioni di caffè sono vaste monocolture tagliate dalla giungla, sostenute da fertilizzanti e prive di alberi”.
In Etiopia, riporta la medesima fonte, i piccoli coltivatori di caffè portano avanti la coltura basandosi sul mantenimento delle foreste, che con la loro ombra proteggono le piante dal caldo eccessivo. Una coltivazione che occupa meno di due ettari di terreno. Una conformità sui fatti che rischia però di non essere dimostrata, vista la complessità della procedura di conformità.
Le prime conseguenze si fanno già sentire, nonostante si parli di un provvedimento in vigore dall’anno prossimo: gli acquirenti europei avrebbero infatti rallentato, riporta Guardia, gli ordini. Incombe infatti la paura delle sanzioni: quest’ultimi rischiano infatti multe fino al 4% del loro fatturato se introducono prodotti non conformi nell’UE.