Cambiamenti climatici: un caso, il Lago Ciad

di Raffaele Masto

Si fa presto a dire cambiamenti climatici. Un conto è dirlo, un altro è vederli.  C’è un lago in Africa, per la precisione nel Sahel, alle soglie dell’immenso deserto del Sahara, all’intersezione di quattro confini, quelli di Niger, Camerun, Nigeria e Ciad, che un tempo dava lavoro, indirettamente e direttamente, a quasi 40 milioni di persone e forniva acqua per irrigazione a 20 milioni di persone, che oggi è diventato poco più che una pozzanghera: è passato da 20.000 chilometri quadrati nel 1970 agli attuali 2000 chilometri quadrati.  Una pozzanghera, appunto. Non solo: oggi la sua profondità media è di solo un metro e ottanta centimetri, in continua diminuzione.

Lo specchio d’acqua si chiama Lago Ciad e per conquistarsi una parte delle sue preziose coste, in epoca coloniale Germania, Francia e Gran Bretagna si fecero letteralmente una lunga guerra diplomatica per disegnare i confini in modo da poter sfruttare le acque e la pesca di questa formidabile fonte nel pieno di una delle regioni più aride del mondo.

Oggi non lo farebbero più. Le rive del lago sono mobili, precarie, mutevoli, sono insane come le sponde che si formano sulle paludi, e soprattutto non sono più la fonte di una formidabile ricchezza come lo erano solo qualche decennio fa.

Ma cosa sta portando alla morte il Lago Ciad? La diminuzione drastica delle precipitazioni, l’aumento delle temperature, l’affollamento delle sue sponde, i detriti trasportati dai due grandi affluenti del lago, i fiumi Chari e Logoni che rendono questo specchio d’acqua sempre meno profondo e, di conseguenza, l’evaporazione delle sue acque sempre più massiccia. In una parola, la responsabilità della probabile, imminente scomparsa del lago è dei cambiamenti climatici.

Come sempre, i mutamenti sociali, geografici, antropologici determinati dai cambiamenti climatici hanno ricadute pesanti sulla vita della gente. E viceversa. Sì, viceversa perché ad affrettare l’esito finale del Lago Ciad contribuiscono anche i comportamenti umani. Cambiamenti climatici e comportamenti umani si alimentano a vicenda producendo un drammatico effetto moltiplicatore.

La regione del lago, infatti, e l’intersezione dei confini di quei quattro Paesi è il territorio nel quale opera la famigerata formazione jihadista di Boko Haram, le cui azioni hanno fatto fuggire centinaia di migliaia di persone da Niger, Nigeria, Camerun e Ciad. L’Onu ha calcolato che le sponde del lago, e le isole emerse sulle sue acque, sono diventate il rifugio di quasi quattro milioni di civili che, naturalmente, usano l’acqua e l’inquinano: contribuiscono, in una parola, al prosciugamento del lago. Fenomeno che avrà ripercussioni non solo locali: questa regione è diventata uno dei più grandi serbatoi di potenziali migranti dell’intero pianeta.

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