In Camerun, si apre oggi, 30 settembre, «Il grande dialogo nazionale». Parteciperanno centinaia di persone che cercheranno di trovare soluzioni per porre fine al conflitto nelle province di lingua inglese. Il conflitto, nato tre anni fa da semplici rivendicazioni degli anglofoni, ha già causato più di 3.000 morti, quasi mezzo milione di sfollati e 40.000 rifugiati.
«Il grande dialogo nazionale», convocato dal presidente Paul Biya sta generando molte speranze, ma anche molte incertezze. L’eccezionale presa di posizione del capo di Stato il 10 settembre contrasta con l’immagine di un presidente indifferente a ciò che accade nelle regioni di lingua inglese. Si tratta di un gesto forte che segna un punto di discontinuità con il passato. Altri fattori di speranza sono l’adesione di un gran numero di personalità che hanno risposto all’invito e la mobilitazione della comunità internazionale.
Detto questo, diversi fattori spingono alcuni osservatori alla prudenza. Manca, per esempio, un mediatore neutrale. Il governo camerunese è infatti parte del conflitto e non può garantire posizioni super partes. Saranno poi assenti alcune delle figure più critiche della società civile camerunese. Non ci sarà, per esempio, l’oppositore Maurice Kamto, che rimane in detenzione preventiva. Saranno assenti anche alcuni dei principali leader indipendenti.
«Non sarebbe stato meglio gettare le basi di un accordo diretto tra belligeranti prima di convocare un grande incontro come questo?», si chiedono alcuni osservatori. «Cinque giorni di dialogo sono molti – afferma un partecipante -. A volte abbiamo l’impressione che il potere stia solo cercando di fare un’operazione di immagine».