Almeno sei detenuti nella seconda prigione più grande del Camerun, il carcere New Bell di Douala, sono morti da marzo a causa dell’epidemia di colera che dilaga nel Paese. Lo denuncia l’organizzazione internazionale per i diritti umani Human rights watch (Hrw) dopo il decesso dell’ultima vittima, un militante dell’opposizione arrestato a seguito della manifestazione del settembre 2020, è morto in ospedale, incatenato alla propria barella.
“Il Camerun ha l’obbligo ai sensi del diritto internazionale di garantire che tutti i detenuti siano tenuti in condizioni umane e dignitose e di garantire il loro diritto alla salute”, denuncia Hrw. Stesso monito da parte di Amnesty International, che lancia inoltre un appello a rilasciare “tutti coloro che sono detenuti arbitrariamente, compresi i detenuti delle regioni anglofone e i membri del principale partito di opposizione, l’Mrc (Movimento per la rinascita del Camerun), che sono stati arrestati negli ultimi cinque anni per aver esercitato i loro diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica”.
Secondo Hrw, almeno altri quattro sostenitori dell’Mrc hanno contratto il colera nel penitenziario di New Bell.
Secondo il ministro della Salute del Camerun, 105 persone sono morte nell’epidemia da ottobre scorso. La malattia è stata finora identificata in sei delle dieci regioni del Paese, compreso nel travagliato Sud-Ovest, dove il sistema sanitario è stato gravemente colpito dalla guerra tra le forze governative e i gruppi armati separatisti.
Malattia batterica che provoca grave diarrea e disidratazione, il colera si diffonde solitamente nell’acqua e può essere letale se non curato rapidamente. Il governo ha adottato misure per frenare la diffusione del colera, come lanciare una campagna di vaccinazione, incoraggiare il lavaggio regolare delle mani e garantire che l’acqua potabile sia potabile. Ma nelle carceri sovraffollate del Camerun, anche le misure igieniche più elementari sono difficili da mettere in pratica.
Il carcere di New Bell, secondo Hrw, contiene il quadruplo di detenuti rispetto alla sua capacità. Gli attivisti denunciano inoltre che la maggior parte dei prigionieri è in custodia cautelare, “in violazione delle norme internazionali”.