Camerun, condannate a cinque anni di prigione due persone transgender

di Valentina Milani

Shakiro e Patricia, due persone transgender arrestate all’inizio di febbraio perché indossavano abiti femminili, sono state condannate a cinque anni di prigione e multate di 370 dollari ciascuna. Si apprende la notizia da concordanti fonti di stampa internazionale.

Shakiro, Njeukam Loic Midrel, è una star dei social molto popolare, anche oltre confine, per esempio in Nigeria. Shakiro e Mouthe Roland, che si fa chiamare Patricia, sono stati arrestati l’8 febbraio per “tentata omosessualità”. Come riferiscono le medesime fonti, è stata rifiutata loro la cauzione e il loro processo, che era stato rinviato più volte, si è concluso ieri con la loro condanna presso il tribunale di Bonanjo Douala.

Il loro avvocato, Alice Kom, ha detto martedì alla Bbc che il tribunale ha dato la massima pena precisando che faranno appello contro la sentenza. “Continueremo la lotta davanti alla corte d’appello. Questa decisione rischia di aumentare la violenza contro le persone Lgbtq”, ha detto.

La legge del Camerun considera l’omosessualità un reato. Secondo l’articolo 347-1 del codice penale del Paese, i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso sono punibili con una pena compresa tra sei mesi e cinque anni di reclusione, oltre a una multa. Inoltre – ricorda il sito Mimi Mefo Info – l’articolo 83, paragrafo 1, della legge del dicembre 2010 sulla cybersicurezza e la criminalità informatica rileva che qualsiasi persona faccia proposte sessuali a una persona dello stesso sesso tramite comunicazioni elettroniche è punita con la reclusione da uno a due anni e con una multa da circa 750 a 1500 euro o solo una di queste due sanzioni. Il comma 2 della stessa legge stabilisce che le pene sono raddoppiate quando alle proposte fa seguito un rapporto sessuale.

La vicenda giudiziaria di Shakiro e Patricia evidenzia le sfide affrontate dalle persone che hanno relazioni omosessuali nel Paese..

Ilaria Allegrozzi, ricercatrice di Human right watch (Hrw) per l’Africa centrale e autrice di un rapporto sull’argomento, descrive un clima di grande intimidazione e l’applicazione di pratiche di controllo incompatibili con il rispetto della persona e dei suoi diritti. “A differenza di altri Paesi, il governo non ha mai denunciato pubblicamente i crimini contro le persone Lgtb”, scrive la ricercatrice.

In un certo senso, piuttosto, li incoraggia, come si può evincere da un caso documentato da Allegrozzi e dal suo team lo scorso febbraio a Bafoussam, nell’ovest del Paese.

“La polizia ha fatto irruzione negli uffici di un’organizzazione e ha arrestato tredici persone. Le ha accusate di omosessualità, le ha picchiate, aggredite verbalmente, interrogate senza la presenza di un avvocato e facendo loro firmare dichiarazioni che non hanno potuto rileggere. La polizia ha anche costretto una delle tredici persone a sottoporsi a un test hiv/aids e a un esame anale, che è una forma di trattamento crudele e degradante, paragonabile alla tortura”.

Di fronte a situazioni come queste si deve prendere atto dell’omofobia anche istituzionale che avvolge il Paese e che il rapporto di Hrw ha documentato con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e suscitare una reazione.

Alice Nkom, avvocata conosciuta per avere assunto la difesa di molte persone Lgtb e per l’impegno duraturo sul fronte della difesa dei diritti umani, conferma in un’intervista rilasciata a Radio France International che la situazione si è aggravata negli ultimi tempi. “Mi ricordo i primi tempi di questa lotta, vent’anni fa, quando quasi tutti i giorni in Camerun si faceva la caccia agli omosessuali”, ha detto. “E in questo momento, non so se sia a causa della pandemia, non so se sia a causa di tutti i problemi che il Camerun sta vivendo oggi, ma la situazione sta diventando qualcosa di terribilmente drammatico.”

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