In Camerun, cristiani e musulmani fanno fronte comune per chiedere che nelle province anglofone prevalgano le ragioni della pace. In una dichiarazione congiunta, il Consiglio delle Chiese protestanti, il Consiglio supremo islamico e la Conferenza episcopale cattolica uniscono le loro voci per denunciare il crescendo di violenza che si è registrato negli ultimi due anni e fanno appello affinché cessino “le uccisioni arbitrarie indiscriminati da parte dei gruppi armati secessionisti e delle forze armate camerunesi”. Mons. Samuel Kleda, Arcivescovo di Douala e Presidente della Conferenza episcopale del Camerun, lo Sheikh Oumarou Malam, membro del Consiglio Supremo islamico, e Fonki Samuel Forba, leader delle Chiese riformate hanno chiesto che il governo, i partiti politici, la diaspora e i gruppi armati secessionisti si siedano a un tavolo e avviino un dialogo che porti a una soluzione definitiva della crisi politico-militare.
Nel maggio scorso, la Conferenza episcopale cattolica, dopo aver condannato la violenza, si è offerta di mediare tra le diverse parti coinvolte nel conflitto, ma il suo appello è stato ignorato. Alla fine di luglio, i leader religiosi cristiani e quelli musulmani, tra i quali cui il card. Christian Tumi, Arcivescovo emerito di Douala, il Pastore George Fochang Babila, della Chiesa presbiteriana del Camerun, l’imam Tukur Mohammed Adamu della moschea centrale di Bamenda (North West) e il capo imam Alhaji Mohammed Abubakar, della moschea centrale di Buea (sud-ovest) hanno lanciato la proposta di convocare una conferenza nazionale per riunire gli anglofoni del Paese e dalla diaspora. Anche questo appello, però, è caduto nel vuoto. Il governo di Yaoundé si è opposto e ha vietato qualsiasi incontro.
Il 19 settembre i leader religiosi del Camerun sono scesi nuovamente in campo chiedendo al governo di cercare “una soluzione di livello nazionale di questa crisi, tenendo conto delle sue cause profonde e reali, per una vera pace”. Hanno anche esortato a punire i responsabili della violenza, militari o civili. Pochi giorni prima delle elezioni presidenziali del 7 ottobre, i leader religiosi invitano i partiti politici a dare priorità alla risoluzione della crisi nei loro programmi. “Si evitino però “discorsi di odio”, hanno concluso i leader religiosi”, poiché “le parole possono incendiare ulteriormente il clima”, mentre oggi più che mai urge intraprendere un percorso di dialogo, per giungere alla pace.