Capo Verde, energia pulita per un’agricoltura resiliente

di claudia

Di Anna Consilia Alemanno

A Capo Verde, nell’isola di Boa Vista afflitta dalla siccità, i pannelli solari di una ditta italiana stanno rivoluzionando le sfide agricole, creando le fondamenta per un futuro più sostenibile.

Arrivando all’aeroporto Internazionale Aristides Pereira lo sguardo si perde davanti a un paesaggio inesorabilmente arido, modellato da terra, sabbia e pietre e interrotto solo da sporadici cespugli spinosi. L’isola di Boa Vista è una delle più desertiche tra le dieci isole vulcaniche nell’oceano Atlantico, privo di fonti naturali di acqua potabile, battuto da forti venti che portano sabbia dal Sahel e dal Sahara, con precipitazioni limitate e frequenti periodi di siccità che impediscono la crescita di una vegetazione. Visito per la prima volta l’isola di Boa Vista nei primi giorni del mese di luglio e so che durante il periodo delle piogge, da agosto a ottobre, quando l’Aliseo di Nord-Est tenderà a rinforzare, molte zone di questo stesso paesaggio acquisteranno un aspetto più verdeggiante. Ma non abbastanza, la terra rimarrà comunque quasi esclusivamente desertica.

“Le Isole di Capo Verde sono un paese molto particolare” scrive Nicoletta Varani del Cisge, centro italiano per gli studi storico geografici nel suo saggio Le isole di Capo Verde, frequentazione nel passato, isolamento nel presente, quale possibile futuro?. Particolare sia per la natura incontaminata (aspra e selvaggia), per il clima arido che caratterizza strane e varie forme di paesaggio, sia per la cultura, un mix di tradizioni importate dai coloni portoghesi mescolate con quelle degli schiavi neri provenienti dall’Africa. Lo stesso nome, Capo Verde, non ha nulla a che fare con il paesaggio. Molto probabilmente queste isole sono state chiamate così in riferimento al promontorio omonimo che è l’estrema punta occidentale dell’Africa, dal quale distano però oltre 450 Km. Sembra che al tempo della colonizzazione godessero di un clima meno asciutto e di una ricca vegetazione, che avessero terreni fertili e coltivabili, soprattutto in quelle favorite da un clima più caldo e umido, come Fogo e San Antão. Nel corso dei secoli la natura del luogo si è progressivamente impoverita a causa dell’insediamento umano e dell’eccessivo sfruttamento dei pascoli”.

Anche il clima di Capo Verde, caratterizzato da lunghi periodi di siccità che in passato hanno causato migrazioni di massa, contribuisce all’aumento dell’aridità del suolo. A metà strada fra il Tropico e l’Equatore, il clima a Capo Verde è caldo secco con temperature medie che variano tra i 22° e i 28° e tra i 22° e i 25° dell’acqua dell’oceano. Due stagioni si alternano nel corso dell’anno: la stagione secca, da fine ottobre a inizio luglio, e la stagione umida, da luglio a ottobre. In tal periodo si concentrano le precipitazioni (media 250 mm), che però spesso hanno carattere torrenziale e non durano più di un giorno, o sono addirittura assenti, specialmente nelle isole più prossime alla costa africana come Sal, Boavista e Maio. La vegetazione a Capo Verde è di conseguenza molto scarsa ed è costituita principalmente da varie specie di arbusti, dall’aloe e da altre piante in grado di resistere all’aridità del terreno. Questo è dovuto essenzialmente a tre fattori: periodi lunghi di siccità, venti secchi che soffiano dal deserto e l’uso inefficace delle tecniche di irrigazione. Ogni tanto, raramente, si incontrano delle falde acquifere, pozzi in cui tuttavia a causa dell’eccessivo uso e delle scarse precipitazioni è drasticamente aumentata la salinità. La conseguenza dell’irrigazione tramite acque salmastre, purtroppo, è generare infertilità progressiva dei terreni e il conseguente crollo delle rese. Ed è questo che è accaduto, negli anni, nell’isola di Boa Vista.


“E’ lo stesso paesaggio dell’entroterra della mia Sicilia”. Penso, mentre con la jeep ci spostiamo verso la costa sud ovest per raggiungere Varandinha una delle aree più belle dell’isola conosciuta per le sue spettacolari formazioni rocciose, le grotte e le architetture naturali che si affacciano sull’oceano e la spiaggia di sabbia dorata e acque cristalline. Un ambiente selvaggio e poco frequentato accarezzato dagli elisei. Qui, la grave crisi idrica che stava causando l’abbandono delle aree coltivate da parte degli agricoltori della zona è chiaramente visibile. Sulla strada ci imbattiamo in uno dei pochi pozzi all’aperto incrostati di sale.

Ci fermiamo poco vicino al villaggio di Povoacao Velha, dove vive una comunità di 60 famiglie. E’ qui che una soluzione per rendere di nuovo coltivabili questi terreni è arrivata con l’installazione di pannelli solari di una ditta italiana, con sede a Carmignano di Brenta, in provincia di Padova, la Genius Watter. “Abbiamo impiegato efficacemente la nostra soluzione di desalinizzazione a osmosi inversa, senza batteria (quindi completamente sostenibile) e alimentata al 100% da energia solare, in un progetto importante per gli agricoltori dell’Associação Varandinha e la vicina comunità di circa 250 persone. Ora sia per l’agricoltura che per gli abitanti del villaggio vicino è disponibile acqua pulita e potabile a prezzi molto più bassi di prima”, mi racconta Dario Traverso, amministratore delegato e cofondatore della Genius Watter. “Grazie al nostro impianto, abbiamo potuto aiutare l’associazione agricola in maniera sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che economico”.

Gli agricoltori di Varandinha erano infatti soliti irrigare le terre utilizzando acque saline sotterranee, con il risultato di rendere il terreno sempre più salato e decisamente meno produttivo. Inoltre, la comunità vicina di Povoacao Velha era costretta ad acquistare a costi molto elevati un’acqua di scarsa qualità. Desalinizzazione di acqua salmastra, quindi, con un impianto di desalinizzazione a osmosi inversa alimentato a energia solare. Risultato: 58 m3 al giorno di acqua pulita e conveniente per l’agricoltura e 17m3 di acqua potabile di prima qualità per la comunità vicina di Povoacao Velha. “Impianto fotovoltaico da 73 kWp 100% dell’energia per il funzionamento dell’impianto di desalinizzazione, senza costi energetici da rete e senza batterie” continua Dario Traverso. I pannelli solari sono quindi in grado di fornire acqua potabile e per uso agricolo in zone remote sprovviste della connessione alla rete. L’intero sistema è equipaggiato con connessione satellitare per permettere il monitoraggio da remoto e gestire in caso di bisogno la manutenzione di qualsiasi componente.

Incontro Henrique Cruz, presidente dell’Associazione di agricoltori di Varandinha. “Noi abbiamo iniziato nel 2014 con un pozzo trivellato”, mi racconta mostrandomi una parte degli grandi orti quasi a ridosso dell’impianto di pannelli di solari. “C’era molta acqua ma era acqua salina. Intanto, molte persone ci chiesero di fermarci, non volevano più continuare con l’agricoltura perché l’acqua era salata e c’erano colture da reddito che non potevano più coltivare. Il suolo stava diventando sempre più salato e non permetteva la coltivazione e la crescita delle colture fondamentali e causava molti problemi. Ci chiedevamo se era possibile continuare, ma poi abbiamo incontrato un finanziatore che ci ha salvato la vita. L’incontro è arrivato al momento giusto. La decisione è stata presa per ragioni economiche ma anche sociali per aiutare le persone di Povoacao Velha. Con l’agricoltura tutte queste persone che volevano abbandonare hanno iniziato di nuovo a coltivare peperoni, patate, uva, granturco, e pomodori. I pomodori soprattutto prima non potevamo coltivarli, come anche i peperoni e alcuni tipi di frutta”.

“Non solo” “continua il presidente dell’associazione “in questo modo riusciamo anche a dar da mangiare ai nostri animali, le capre soprattutto, indispensabili per il nostro sostentamento, anche economico. Il formaggio di capra è uno dei prodotti alimentari tipici del luogo”.

Per almeno 30 anni l’installazione di Varandihna consentirà di fornire circa 75 mc/giorno di risorsa idrica con notevole risparmio per la comunità. Visitando gli orti il presidente mi mostra come la coltivazione tradizionale sta praticamente raddoppiando. Un’iniziativa in linea con i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – proposti dalle Nazioni Unite nel prossimo decennio. Il progetto partecipa al raggiungimento dell’obiettivo 6 “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie” e 7 “Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni”.

Le soluzioni innovative dell’azienda italiana, che è presente con i suoi sistemi di pannelli solari anche in altre zone dell’Africa, come la Somalia, dove l’azienda ugandese Aptech Africa ha incaricato la Genius Watter di fornire la loro soluzione di desalinizzazione a energia solare per un progetto finanziato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) nella regione del Sool in Somaliland, garantendo un accesso all’acqua potabile a una comunità di circa 10.000 persone, hanno effettivamente trasformato la vita di questa comunità locale, fornendo risorse essenziali in modo sostenibile e rispettoso dell’ambiente.

L’impianto funziona con una tecnologia detta RO (Reverse Osmosis, a osmosi inversa), in perfetta sincronia con il sole a tutti i livelli, in maniera automatica. L’intero sistema può funzionare anche in situazioni di basso irraggiamento (inferiori a 200 W/m2, circa dalle 8 del mattino alle 5 della sera) ed è in grado di sfruttare fino al 90% della potenza fotovoltaica disponibile garantendo sempre un minimo di produzione di acqua pulita dal mattino presto al pomeriggio tardo, raggiungendo la quantità più elevata nelle ore centrali della giornata, quando avviene il massimo irraggiamento.

Ricordiamo che stiamo parlando di un’isola che per definizione è un sistema chiuso. Per sopravvivere naturalmente avrebbe bisogno di un equilibrio ecologico – che attualmente non esiste – per permettere uno sfruttamento sostenibile delle poche risorse naturali. Probabilmente la popolazione locale nel passato accontentandosi di un regime di vita di poco superiore alla pura sopravvivenza riusciva a mantenere questo equilibrio. L’aumento della popolazione e l’avvento di un certo tipo di sviluppo turistico, sicuramente già eccessivo per l’impatto quantitativo ma anche qualitativamente consumistico, sta causando una serie di problemi sempre più gravi per la vita della popolazione locale.

Già ora l’isola non sopravviverebbe senza l’apporto dall’esterno di un costante approvvigionamento idrico, di derrate alimentari fresche e fonti energetiche combustibili. L’esempio della piccola comunità di Varandinha dimostra come una tecnologia sostenibile sia più che possibile e possa rappresentare un aiuto concreto per la sempre più progressiva mancanza d’acqua soprattutto in un territorio, quello africano, devastato dai cambiamenti climatici in atto.

In Somalia, ad esempio, ma succede anche nel Corno d’Africa, siccità e inondazioni si alternano e hanno portato il Paese sull’orlo della carestia, spingendo dal 2021 lontano dalle proprie case 1,5 milioni di persone, uccidendo migliaia di animali, e il numero di sfollati è salito a oltre 2,6 milioni. Nel 2023, poi, le piogge hanno portato acqua, ma anche devastanti inondazioni, colpendo 2 milioni di abitanti e spingendo oltre 750mila a muoversi, secondo i dati Onu.

Secondo Irena (Agenzia internazionale per le energie rinnovabili), in 10 anni l’Africa ha raddoppiato la propria capacità di produzione energetica da fonti rinnovabili, solare soprattutto, ma anche eolica, centrali idroelettriche, impianti, come quelli a Boa Vista, per desalinizzare l’acqua di mare e avere accesso all’acqua, per la trasformazione alimentare, per l’industria petrolchimica o anche per le industrie. E la disponibilità energetica, com’è noto, è uno dei presupposti essenziali per qualsiasi sviluppo economico anche grazie all’impegno dei governi per uno sviluppo economico sostenibile.

Nonostante la grande promessa di stanziamenti mondiali per la transizione energetica, negli ultimi vent’anni l’Africa ha ricevuto solo il 2% dei 2,8 trilioni di dollari di investimenti globali in energie rinnovabili; secondo Irena, ci sarebbe invece bisogno di un investimento annuo di circa 70 miliardi di dollari fino al 2030 in progetti di energie rinnovabili per realizzare la transizione energetica.

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