Caster Semenya non parteciperà ai Mondiali di Doha dal 28 settembre al 6 ottobre. L’atleta sudafricana, 28 anni, non difenderà quindi il titolo sugli 800 conquistato a Londra 2017. Lo ha annunciato Dorothee Schramm, l’avvocato tedesco che guida il pool che segue il caso della mezzofondista.
Un giudice del Tribunale federale svizzero ha annullato la sospensione temporanea ad personam – decisa il 3 giugno dallo stesso ente – della norma introdotta l’8 maggio dalla Iaaf, la federatletica mondiale, che impone alle atlete intersex come appunto la Semenya, di ridurre tramite specifiche cure ormonali i propri livelli endogeni di testosterone, al fine di poter gareggiare tra le donne anche su distanze comprese tra i 400 e il miglio (1609 metri).
Una decisione contestatissima, perché in pratica classifica biologicamente come uomini le atlete come la Semenya. Caster, nel mese di maggio forzatamente alla finestra, vinto in tempi lampo (cinque giorni) il ricorso presentato allo stesso Tribunale elvetico e con le colleghe nelle sue condizioni costrette al palo, su tutte la vice campionessa Francine Niyonsaba, argento olimpico e mondiale in carica, è tornata a gareggiare.
L’11 giugno, a Montreuil, alle porte di Parigi, come deciso quando ancora era sospesa, in un 2000 vinto in un comodo 5’38”19. E il 30, a Palo Alto, in California, in un 800 di Diamond League come sempre dominato (in 1’55”70), 31° successo consecutivo sulla distanza (l’ultimo k.o. sul doppio giro di pista risale addirittura al settembre 2015).
Il caso sportivo-giudiziario più clamoroso della storia sembra perciò concludersi nel modo più doloroso pe la campionessa, che tuttavia nn demorde: «Sono molto delusa dall’impossibilità imposta di difendere un titolo così faticosamente conquistato, ma tutto ciò non mi scoraggerà dal continuare la mia battaglia a favore dei diritti umani di tutte le atlete donne coinvolte».