di Marco Aime
Ricostruire la storia dell’Africa è arduo, per la mancanza di fonti scritte e la frammentarietà di quelle esistenti. Tra queste spiccano quelle arabe medievali, dove le informazioni fattuali si mescolano al gusto di raccontare, dando vita a generi diversi
Tra i documenti più rilevanti ai fini di una storia dell’Africa ci sono certamente le cronache arabe, tradotte in gran parte dai francesi in epoca coloniale. Tra le più celebri, il Tarikh el-Fettach e il Tarikh es-Sudan, risalenti al XIV-XV secolo.
Una certa “letterarietà” caratterizza gli scritti di quasi tutti i cronisti dell’epoca. Uno stile segnato da molti abbellimenti, adatti a rendere più piacevole e “attrattivo” il testo. Non è sempre facile distinguere la verità storica dai cliché letterari. Spesso queste narrazioni appartengono soprattutto a una moda letteraria del tempo, detta adab: una formula che prevede si parli un po’ di tutto, senza approfondire nulla, e che ha alla base il piacere della lettura. Ne nasce uno stile un po’ elegante ed elaborato, così da presentare argomenti seri in forma gradevole, al fine di diffondere le conoscenze a un pubblico ampio. Per accentuare l’aspetto educativo, l’adab dà spazio ad aneddoti morali e didattici: un repertorio cui i lettori attingevano per diletto o intrattenimento.
I cronisti tendono ad associare lo spirito di ricerca con la bellezza del testo, amano pertanto unire l’informazione precisa con il racconto meraviglioso, non esitando talvolta a mescolare antiche leggende e fatti reali.
Se fino al IX-X secolo la letteratura araba era fortemente legata alla pratica religiosa, con il passare del tempo se ne è svincolata e la priorità stilistica passò così dalla ricerca della correttezza e della chiarezza al perseguimento dell’elemento decorativo. L’adab come stile letterario si confonde con la storia e la geografia, e via via sviluppa una storiografia che cerca di connettere i fatti con una cronologia. Ne sono un esempio i tarikh (letteralmente “storia”), la cui radice è un verbo che significa “assegnare una data”.
Dal XII secolo, con il crollo del califfato abbaside, si ebbe una profonda trasformazione: il potere politico, fino ad allora identificato in un modello di autorità centralizzata, con sede a Baghdad, inizia a dividersi in numerosi centri di regioni diverse (Il Cairo, Cordova, Aleppo, Kairouan). Quella frammentazione liberò gli autori da un modello dominante e favorì la creazione di storie e cronache locali caratterizzate anche da stili differenti. Inoltre, l’espansione delle rotte commerciali fornisce lo spunto per una nuova forma letteraria: i masalik (itinerari). La comunità musulmana, infatti, aveva bisogno di opere che descrivessero i territori, sempre più vasti, entrati a far parte dei domini islamici.
Tranne poche eccezioni, l’adab non prevedeva un solo autore, ma comprendeva anche tutti i contributi che potevano essere aggiunti nel corso delle trascrizioni e copiature. È il caso di Ibn Battuta (nel disegno), che a un certo punto dei suoi viaggi perdette gli appunti e si vide costretto a ricostruire a memoria parti del resoconto. Le dettò a Ibn Juzayy al-Kalbi, detto il Granadino, scrittore alla corte di Fez, e questi le trasformò in Rihla, titolo abbreviato per la raccolta dei viaggi di Ibn Battuta, più completamente indicata come Tuhfat al-Nuzzar fi Ghara’ib al-Amsar wa ‘Aja’ib al–Asfar,ovvero: Un dono di gran pregio per chi vuole gettar lo sguardo su percorsi inconsueti e città d’incanto. Siamo nel dicembre del 1353. Indipendentemente dalla loro maggiore o minore credibilità, i Viaggi di Ibn Battuta rappresentano un esempio importante e quanto mai piacevole di una tradizione che mescolava gusto dell’avventura e ricerca della conoscenza.
La tradizione dell’adab andò allargandosi, veicolo di informazione e divertimento al tempo stesso. Nacquero compendi di informazioni e aneddoti, raccolte di notizie esotiche e curiose, «una gamma che andava dall’edificazione morale all’emarginazione sociale» (R. Allen). Tra i generi dell’adab rientravano le notizie sorprendenti (aja-ib) e i racconti dell’esotico e dell’incredibile, con lo scopo di stupire, spaventare e divertire il pubblico. In questo filone vanno collocati molti passaggi “stupefacenti” che ritroviamo nelle cronache arabe del tempo.