Territorio e urbanizzazione a cura di Federico Monica
Sta facendo clamore la decisione presa dalla Biennale dell’Architettura di Venezia di assegnare il Premio alla carriera a Demas Nwoko, 88 anni, artista poliedrico e intellettuale impegnato che incarna sapientemente una visione africana e non convenzionale dell’architettura
di Federico Monica
Demas Nwoko. All’annuncio del Leone d’oro alla carriera in occasione della prossima Biennale dell’Architettura di Venezia molti sono rimasti disorientati da un nome poco noto anche per gli storici e professionisti addetti ai lavori.
Eppure non poteva andare diversamente: la prossima esposizione internazionale che aprirà i battenti il 20 maggio sarà proprio dedicata all’Africa e alla riscrittura di una storia dell’Architettura “decolonizzata”; una storia che fino ad oggi non è stata scritta in maniera sbagliata ma che è sicuramente incompleta, come ha ricordato la curatrice Lesley Lokko. Il prestigioso riconoscimento verrà consegnato sabato 20 maggio 2023 a Ca’ Giustinian, sede della Biennale di Venezia.
Demas Nwoko, nigeriano, classe 1935, impegnato nel movimento panafricanista e nelle lotte per l’indipendenza è l’emblema di una visione africana e non convenzionale di quest’arte, sia per la sua formazione poliedrica di scenografo, pittore, performer e scultore, sia per il suo stile in aperta rottura con l’estetica e le tecniche costruttive importate dall’Occidente, alla ricerca continua di un linguaggio differente e poliedrico.
Gli edifici di Nwoko inaugurano quindi un’estetica profondamente africana e si basano sull’accostamento di volumi e forme molto diversi fra loro, creando spazi eterogenei e inconsueti.
Anche l’uso dei materiali contribuisce ad amplificare questa varietà: le tecniche tradizionali legate all’uso della pietra o della terra vengono affiancate al cemento grezzo, ottenendo un effetto che richiama, nobilitandolo, l’aspetto dinamico e vitale di molte metropoli africane.
Questa polifonia è completata dall’inserimento di motivi tradizionali come gli arabeschi anticamente utilizzati nelle case Hausa che vengono reinterpretati in chiave moderna come frangisole o contropareti.
L’edificio, o meglio il complesso di edifici, considerato come manifesto della sua architettura è la Missione Domenicana di Ibadan, il cui elemento principale è una cappella semicircolare circondata da uno specchio d’acqua e sormontata da una torre campanaria costruita in cemento armato ma con tecniche e forme che richiamano antiche torri in fango e puntelli in legno.
Le pareti esterne sono costituite da frangisole in terracotta che ricordano sculture simboliche modulando la luce e facendo fluire l’aria all’interno, mentre lo spazio centrale della cappella è sorretto da dodici grandi pilastri in legno intagliati con motivi geometrici, come grandi totem.
Insieme alle forme e alle decorazioni convivono aspetti fortemente simbolici, come la scelta di lasciare palesemente incomplete alcune parti dell’edificio che vuole simboleggiare la non completezza della chiesa come istituzione e la sua costante necessaria ricerca della perfezione.
Poco distante dalla cappella si trova la hall del convento caratterizzata da una grande parete in pietra perforata da aperture vetrate a forma di croce, con dimensioni e orientamenti diversi. ancora una volta un gioco fra pesantezza e leggerezza, ombre e luce; esattamente come nella veranda del refettorio a fianco, separata dall’esterno con un surreale frangisole spiraliforme.
Tutta la carriera di Nwoko, a partire dalla sua formazione, è stata caratterizzata da una visione globale in cui l’architetto è anche artista e artigiano, chiamato a curare con lo stesso interesse il disegno generale dell’edificio e la realizzazione del più piccolo dettaglio che lo compone.
Un percorso di ricerca che ha indubbiamente ispirato le linee programmatiche della Biennale di quest’anno: interazione fra discipline architettoniche e altre forme d’arte figurative o performative, decolonizzazione della storia dell’architettura e celebrazione di un’estetica e di un linguaggio profondamente africani.
Proprio l’esposizione di Venezia sarà l’occasione per scoprire l’opera di questo grande artista del ‘900 nel padiglione che gli sarà dedicato ai giardini della Biennale.