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di Carla Zurlo – Centro studi AMIStaDeS APS
A un anno dal conflitto in Sudan, oltre 8,5 milioni di sfollati e 1,8 milioni di rifugiati gravano sui paesi limitrofi, tra cui Sud Sudan, Ciad ed Egitto. A Renk, principale punto di arrivo, transit center sovraffollati e risorse limitate aggravano una crisi umanitaria segnata da malnutrizione acuta e difficoltà logistiche.
A un anno dallo scoppio del conflitto in Sudan, la regione e i paesi limitrofi stanno affrontando una delle più complesse crisi umanitarie e migratorie al mondo. Oltre 8,5 milioni di sudanesi sono stati costretti a fuggire e 1,8 milioni hanno attraversato i confini nazionali (UNHCR, aprile 2024).
Tra i paesi più coinvolti il Sud Sudan che ha accolto ad oggi più di 855 mila rifugiati, con una media che oscilla tra i 500 e i 1000 nuovi arrivi giornalieri. (OIM, novembre 2024).
In Ciad, si registra il più grande afflusso di rifugiati della storia del paese, con oltre 150.000 persone ammassate nelle zone di confine in condizioni di sovraffollamento, mentre l’Egitto riceve un flusso costante di oltre 3.000 rifugiati sudanesi al giorno. Anche altri paesi, tra cui l’Etiopia (50.000 rifugiati), l’Uganda (30.000) e la Repubblica Centrafricana (2.200) stanno affrontando pressioni umanitarie enormi. (UNHCR, aprile 2024).
La malnutrizione rappresenta un’emergenza: il World Food Programme (WFP) stima che il 40% dei bambini rifugiati soffra di malnutrizione acuta, ben oltre la soglia d’emergenza del 15% stabilita dall’OMS. In aree come Renk, città in Sud Sudan, la disponibilità di cibo nutriente è gravemente insufficiente.
Abbiamo intervistato Giulio Fabris, Information Management Officer per il WFP in Sud Sudan che ci racconta come Renk, situata al nord del Paese, al confine con il Sudan, sia diventata uno dei principali punti di arrivo per i rifugiati in fuga dal conflitto.
Giulio, puoi raccontarci qual è la situazione attuale a Renk e quali sono le principali sfide?
R: “Renk rappresenta un crocevia di sofferenza e speranza. Situata al confine con il Sudan, e’ il principale punto d’ingresso per entrare nel Sud Sudan. Piu’ dell’85% degli oltre 855 mila arrivi che sono arrivati dal Sudan al Sud Sudan è passato da Yoda, qualche chilometro a nord di Renk. La maggior parte di queste persone sono sudanesi in fuga dalla guerra civile, ma ci sono anche molti sud sudanesi di ritorno, sfollati da Khartoum e da altre zone del Sudan nel 2013, a seguito della separazione dei due paesi. Molti di loro sono privi di documenti e non hanno più un luogo sicuro dove vivere. La maggior parte dei rifugiati che giungono a Renk sono donne e bambini in condizioni disperate; molti uomini rimangono a proteggere la casa o sono direttamente coinvolti nel conflitto, mentre quelli che arrivano sono spesso anziani o giovani. L’escalation della guerra ha provocato un massiccio flusso di rifugiati che attraversano quest’area a piedi o con mezzi di fortuna, affrontando un viaggio pericoloso e segnato dalla scarsità di cibo, acqua e dalle difficili condizioni sanitarie.”
Quali sono le principali problematiche che i rifugiati devono affrontare durante il viaggio dal Sudan al Sud Sudan secondo te?
R: “Chi arriva a Renk lo fa in una condizione di grave malnutrizione. All’arrivo, ricevono assistenza alimentare e vengono ospitati nei transit center per due settimane. Tuttavia, i transit center di Renk, che ora accolgono oltre 15.000 persone a fronte dei 3.000 per cui sono stati pensati, non sono dei veri e propri campi e non sono adatti ad ospitare persone per lunghi periodi. Spesso i nuovi arrivati non hanno nessun posto dove andare, quindi invece di continuare verso altre destinazioni si fermano nei transit center per lunghi periodi. Alcuni di loro sono qui da oltre un anno. Le organizzazioni umanitarie stanno facendo il possibile, ma le risorse sono insufficienti. Le sfide logistiche e di sicurezza rappresentano ulteriori ostacoli per la risposta umanitaria. Le forniture di cibo e altri aiuti arrivano principalmente via fiume, attraverso il Nilo, o via aereo, ma queste modalità di trasporto sono costose e non riescono a soddisfare i bisogni immediati di tutti.”
E quali sono i fattori che contribuiscono a inasprire questa crisi?
R:“Oltre alla violenza e alla malnutrizione, la crisi è aggravata dal cambiamento climatico. La desertificazione e le inondazioni stanno riducendo le risorse agricole e compromettendo la capacità delle comunità di produrre cibo. Questo peggiora ulteriormente le condizioni di vita di popolazioni già provate, creando una crisi senza precedenti in cui pesano anche fattori strutturali: un’economia informale che lascia gran parte della popolazione senza accesso a risorse stabili, limitando l’accesso a servizi sanitari e nutrizionali e generando malnutrizione diffusa, soprattutto tra donne e bambini.
Le disuguaglianze di genere, unite a conflitti interetnici e instabilità economica, amplificano la crisi umanitaria e rendono sempre più complessa la risposta delle organizzazioni internazionali. Viste anche le difficoltà logistiche spesso gli aiuti devono essere lanciati dagli aerei, ma nemmeno questo metodo è sufficiente a coprire le necessità crescenti della popolazione. In sintesi, il conflitto in Sudan è un esempio emblematico di quanto diversi fattori contribuiscono all’insicurezza alimentare, come sottolineato nel Global Report on Food Crises 2024”.
La crisi in Sud Sudan e la guerra in Sudan, così come l’emergenza umanitaria e la crisi alimentare, sono il risultato di un intreccio complesso di fattori. Le disuguaglianze sociali, le tensioni etniche e le difficoltà economiche sono aggravate dagli interessi geopolitici che influenzano la stabilità regionale. Le politiche governative, l’accesso limitato alle risorse e l’instabilità economica hanno creato una spirale di povertà e vulnerabilità. Questo scenario ha reso le popolazioni ancora più esposte alla crisi, che diventa sempre più difficile da gestire anche per le organizzazioni umanitarie impegnate in loco.
A questi fattori si aggiungono le carenze nelle infrastrutture agricole e di trasporto. La mancanza di strade adeguate e impianti di stoccaggio impedisce il trasporto e la distribuzione dei prodotti agricoli, aggravando l’insicurezza alimentare nelle regioni rurali. La scarsa attenzione alle politiche agricole e la mancanza di investimenti in pratiche sostenibili aumentano la vulnerabilità del paese a conflitti ed esacerbano le cause e le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Infine, la crescente domanda di cibo dovuta alla crescita demografica esercita una forte pressione su un sistema agricolo già fragile. Conflitti e instabilità ostacolano la produzione alimentare, creando una spirale in cui l’accesso al cibo diventa sempre più difficile.
FOTO CREDIT: Giulio Fabris WFP