Si chiama Gumzo, “chattare” in swahili, l’applicazione africana per videochiamate di gruppo e videoconferenze creata durante il confinamento globale. È un’alternativa made in Africa alle più note piattaforme Zoom o Skype che hanno spopolato sull’onda del lockdown.
Sono stati gli ideatori della Usiku Games, società keniana specializzata in videogiochi – una tipologia di giochi educativi e socialmente positivi – a mettere a punto Gumzo. «La nostra start-up è nata per contrastare il problema del gioco d’azzardo tra i giovani ma quando il coronavirus ha colpito, abbiamo realizzato che la nostra piattaforma di conferenze per il gaming poteva aiutare le famiglie a stare insieme. Inoltre, poteva aiutare l’economia, permettendo alle aziende africane di comunicare tra di loro e con i clienti, in un modo sicuro ed economico» scrive l’azienda di Jay Shapiro.
Lo si dice di vari settori e vale anche nel caso delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (Tic/Ict): la crisi del covid-19 è stata – ed è tuttora – uno stimolo per innovare, cambiare modelli produttivi e, soprattutto in Africa, sforzarsi a produrre sul posto ciò che solitamente è importato. Già lanciati sul sentiero dello sviluppo delle Ict, governi e aziende stanno premendo sull’acceleratore.
Il focus sulle Ict spinto dalla pandemia giunge in un contesto favorevole per il settore in Africa. La Safaricom, più grande società di telecomunicazioni attiva in Kenya, annunciava a marzo profitti in crescita del 19,54%, su 12 mesi, per un totale di 747 milioni di dollari. Il colosso sudafricano Mtn riportava una considerevole crescita del volume di affari nel primo trimestre del 2020, con il traffico dati a fare da motore. Ai vertici della filiale di Mtn in Zambia, la pressione sulla domanda determinata in parte dal covid-19 ha spinto a investire 10 milioni di dollari per migliorare la capacità della rete. All’estremità opposta del continente, in Tunisia, il fatturato del mercato telecom è aumentato del 9,5% tra il 2018 e il 2019 e sono tutti gli operatori ad averne tratto vantaggi.
Il lockdown non ha fermato i grandi progetti di infrastrutture digitali, come la posa di cavi sottomarini in fibra ottica per far viaggiare la rete. Maggio ha dato il via all’installazione del Senegal Horn of Africa Regional Express (Share), un cavo lungo 720 chilometri tra il Senegal e Capo Verde. Lo Share si collegherà con il Portogallo e con il Brasile, facendo crescere la connettività globale. A giugno sono stati gli italiani della nave Teliri e della Elettra Tlc a lavorare per il cavo Metiss tra Madagascar, Mauritius e il Sudafrica.
Tali progetti dovrebbero aiutare a restringere il divario secondo il quale meno di un terzo della popolazione africana ha a accesso ad Internet su banda larga, nonostante un ritmo di diffusione molto veloce.
Attraverso le infrastrutture, le tecnologie della comunicazione possono arrivare anche in aree remote dell’Africa. Come nel caso del Ghana dove la ministra Ursula Owusu-Ekuful ha dato il via alla costruzione di 30 “Community information centres” per villaggi. Internet point, per intenderci, dove si possono anche ottenere informazioni utili per lo sviluppo economico. Ne esistono già 200 in Ghana, e sono sostenuti da un fondo governativo per le comunicazioni elettroniche.
L’e-commerce, l’e-banking, la fintech sono diventati concetti di tendenza nell’era delle Ict ai tempi del covid. La Deliver Addis, che in Etiopia fa consegne di cibo a domicilio grazie a una piattaforma digitale, vanta una crescita esponenziale della base di clienti. In Uganda, il portale di vendite online Jumia ha stretto un accordo con la Coca-Cola Beverages Africa per gestire meglio il numero di consumatori che fa la spesa su Internet. «In tempi come questi, i clienti hanno bisogno di una piattaforma sicura in cui possano accedere a elementi essenziali a prezzi accessibili e farli consegnare attraverso un processo sicuro e senza contatto» ha spiegato l’amministratore delegato di Jumia Uganda, Ron Kawamara.
La digitalizzazione delle transazioni ha anche il vantaggio di stimolare la bancarizzazione, che in Africa sub-sahariana è la più bassa al mondo. Con questa consapevolezza, la Banca centrale del Ghana ha istituito nella propria organizzazione un nuovo ufficio dedicato specificatamente alla tecnofinanza e all’innovazione.
Secondo il ministro delle Finanze ghanese, Ken Ofori-Atta, se l’Africa adottasse in modo adeguato le nuove tecnologie digitali, il prodotto interno lordo continentale potrebbe crescere del 10% all’anno entro il 2025. Dando un bello schiaffo alla crisi.
Céline Camoin