C’è da avere paura? I serpenti dell’Africa australe tra fobie, leggende e realtà

di claudia

di Gianni Bauce

Certo possono essere pericolosi e talvolta letali per l’uomo. Ma la loro pessima fama è esagerata. Colpa dell’ignoranza e dei pregiudizi. Non resta che conoscerli meglio. Prestare la massima attenzione e non disturbarli…

Più di cinque milioni di persone ogni anno nel mondo vengono morse dai serpenti. Di queste, si stima che circa 2 milioni finiscano per essere avvelenate, sessantamila perdano la vita e altrettante subiscano disabilità permanenti. A dirlo sono i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità. In Africa le vittime sono soprattutto le donne, i bambini e i coltivatori che risiedono nelle comunità rurali più povere. Tuttavia la fobia nei confronti di questi rettili appare esagerata. I serpenti sono schivi, temono l’uomo e la maggior parte delle specie sono innocue (per fare un esempio, sono di gran lunga più pericolose le zanzare, che ogni anno provocano 830.000 morti accertate per malaria e altre infezioni parassitarie). I serpenti, inoltre, costituiscono un importante anello della catena ecologica per mantenere in salute l’ambiente, come già ben sapevano gli antichi Romani, che usavano tenere il biacco nelle proprie abitazioni per tenerle libere dai topi.

Sangue freddo

Imparare a conoscerli meglio ci permette di rispettarli e di evitare i pericoli. I serpenti sono animali “ectotermi”, più comunemente detti “a sangue freddo”, che regolano la temperatura corporea attraverso fonti esterne di calore. Per questo motivo vivono in ambienti dove sono disponibili sia spazi assolati, preferibilmente con rocce (dove potersi riscaldare), sia ripari ombrosi (dove potersi raffreddare). Non dovendo produrre il calore corporeo attraverso l’attività del metabolismo, consumano poca energia, pertanto possono rimanere per lunghi periodi senza nutrirsi.

La maggior parte di loro depone uova, dalla cui schiusa nascono piccoli già indipendenti che non necessitano di cure parentali. Alcune specie producono uova che vengono mantenute in incubazione all’interno del corpo, dove si schiudono, e i piccoli fuoriescono da una sacca embrionale. Quasi tutti sono abili predatori e si nutrono prevalentemente di piccoli e medi vertebrati, inclusi altri serpenti. Alcuni hanno invece sviluppato una dieta specifica, come il serpente delle uova (Dasypeltis scabra, D. inornatus), che si nutre di uova d’uccelli.

Agili e veloci

I serpenti sono agili e veloci, capaci di colonizzare ambienti preclusi a molti degli animali dotati di arti, grazie al caratteristico sistema di locomozione “strisciante” che ben conosciamo. Non tutti, però, si muovono con la medesima tecnica. Alcuni, come i cobra, utilizzano la cosiddetta locomozione a serpentina, ovvero l’ondeggiare sinuoso su un piano orizzontale formando con il corpo una serie di “esse”, dall’esterno delle quali il serpente si spinge in avanti utilizzando la morfologia del terreno. Altri, come la vipera soffiante, si muovono in modo lineare, spingendosi in avanti attraverso contrazioni ritmiche del corpo, arpionando il terreno con le scaglie ventrali.

I serpenti arboricoli invece utilizzano abilmente le asperità dei tronchi, i rami e ogni appiglio che permetta loro di raggiungere posizioni elevate. Altri ancora si sono adattati a particolari ambienti come quello della sabbia del deserto. Quasi tutti possiedono una vista acuta, attraverso la quale riescono a identificare abilmente le proprie prede. L’olfatto è altrettanto sensibile, l’udito è invece praticamente assente, ma i serpenti possiedono comunque una buona abilità nel percepire le vibrazioni trasmesse dal terreno.

I denti non sono adatti a masticare e le prede vengono inghiottite intere grazie alle mandibole disgiunte, le quali, allontanandosi tra loro, consentono l’ingerimento di corpi di notevoli dimensioni. Attraverso contrazioni muscolari, poi, il “boccone” viene spinto attraverso l’esofago fino allo stomaco, nel quale viene poi digerito dai potenti acidi gastrici. I denti servono per afferrare e trattenere le prede e in moltissime specie una coppia di denti superiori particolarmente specializzata (zanne velenifere) si è evoluta per iniettare il veleno prodotto da apposite ghiandole e in tal modo immobilizzare ed uccidere la preda.

Quattro famiglie

In Africa australe esistono quattro famiglie di serpenti che differiscono principalmente per la morfologia delle zanne velenifere e il tipo di veleno prodotto. I Viperidi, ai quali appartiene ad esempio la famigerata vipera del Gabon (Bitis gabonica), possiedono in genere lunghe zanne frontali mobili, ripiegabili contro il palato, capaci di iniettare un veleno citotossico che aggredisce i tessuti provocando necrosi. Nelle vittime, la morte non sopraggiunge in genere a causa del veleno, ma piuttosto a causa della severità delle ferite inferte dalle zanne e da infezioni secondarie indotte dalla necrosi.

Esemplare di Dendroaspis angusticeps

Gli Elapidi, come i cobra e i mamba, possiedono zanne frontali fisse capaci di iniettare un veleno neurotossico che aggredisce il sistema nervoso, provocando una progressiva inabilità motoria e delle altre funzioni fisiologiche, causando infine la morte per arresto cardio respiratorio. La famiglia dei Colubridi include invece la maggior parte dei serpenti arboricoli, come il Boomslang (in afrikaans: significa “serpe degli alberi”; nome scientifico: Dispholidus typus), o il twig snake, o serpente degli uccelli(Thelotornis capensis), i quali possiedono zanne fisse collocate nella parte posteriore della mascella, in grado di iniettare un veleno emotossico che provoca emorragie diffuse.

I membri dell’ultima famiglia, quella dei Boidi, il cui unico rappresentante in Africa australe è il Pitone delle rocce (Python sebae), non posseggono zanne velenifere, ma catturano e uccidono la preda per soffocamento stringendola nella morsa delle proprie spire. Questi ultimi sono gli unici serpenti in grado di predare animali di medie dimensioni come facoceri, primati e antilopi.

Attenzione a questi…

Esistono poi alcune eccezioni nel veleno dei serpenti, come nel caso dei cosiddetti cobra sputatori – tra i quali uno dei più noti rappresentanti è il cobra del Mozambico (Naja mossambica) –, che sono in grado di lanciare il veleno (un cocktail di sostanze citotossiche) a grande distanza, attraverso un getto direzionato. È una tecnica difensiva che mira ad accecare il potenziale aggressore e consentire al serpente la fuga. Anche la vipera di montagna (Bitis atropos), pur appartenendo ai viperidi, ha trasformato il suo veleno da citotossico in prevalentemente neurotossico per adattarsi all’ambiente impervio in cui vive. Il suo veleno, infatti, permette di paralizzare le vittime prima che si allontanino e precipitino eventualmente lungo i pendii o le rocce, divenendo irrecuperabili.

Abbiamo già detto che i serpenti sono molto meno pericolosi per l’uomo di quanto non si creda. Tuttavia è bene prestare la massima attenzione quando ci si avventura nei loro habitat. Il veleno della vipera soffiante (Bitis arietans), per esempio, non è di per sé mortale, ma questo serpente ama acciambellarsi al sole lungo i sentieri e non fugge all’avvicinarsi dell’uomo. Ne risulta che la maggior parte degli incidenti con serpenti che occorrono in Africa sono da ricondurre a questo rettile sul quale un incauto camminatore ha messo inavvertitamente un piede.

È bene considerare che in Africa australe esistono più di 350 specie di serpenti, delle quali in meno di 30 il veleno produce effetti clinicamente sensibili per l’uomo e soltanto 11 sono potenzialmente letali. Perfino il temuto Mamba nero (Dendroaspis polylepis), il famoso “Sette passi poi muori”, possiede una fama eccessivamente negativa. Pur essendo molto aggressivo e dal veleno letale, è una creatura schiva che preferisce evitare l’uomo. Il suo veleno neurotossico impiega, in un soggetto adulto sano, non meno di sei ore prima di provocarne il decesso.

Esemplare di Thelotornis capensis

In caso di morso

Esistono poi antidoti efficaci per i veleni di quasi tutti i serpenti e il morso viene molto spesso trattato sintomaticamente con successo. L’uso del siero antiveleno, infatti, può presentare controindicazioni e potenziali effetti collaterali, essendo anch’esso composto di proteine estranee come quelle dei veleni, causando shock anafilattico, contro il quale è necessaria un’adeguata somministrazione di adrenalina.

Diffuso in molte parti dell’Africa è l’utilizzo della cosiddetta “pietra nera” o “pietra dei serpenti”, usata dalla medicina tradizionale sin dall’antichità. Essa si presenta come una lamella di sostanza nera, dura, e porosa, in genere derivata da ossa di bovini opportunamente lavorate, che si applica sulle ferite provocate dai denti del rettile. La leggenda vuole che un prete cattolico ne abbia ricevuto il segreto da un guaritore sudamericano in punto di morte, di certo i missionari, i Padri bianchi in particolare, hanno contribuito alla grande diffusione di questo “antidoto” in larga parte del continente, benché la sua efficacia non sia stata scientificamente provata.

Le regole basilari del primo soccorso sono molto semplici: il morso del serpente va trattato come una frattura, immobilizzando l’arto (la maggior parte dei morsi interessa arti superiori e inferiori) e mantenendo l’infortunato il più possibile immobile e calmo (in questo caso la pietra nera può avere un effetto placebo) in attesa che giungano i soccorsi o si raggiunga un centro medico. Questo metodo è particolarmente adatto in caso di veleno nerurotossico perché l’immobilizzazione previene la diffusione nel corpo. Da evitare assolutamente i tentativi di succhiare il veleno: sono inutili, perché questo si è ormai diffuso e si rischia soltanto di avvelenarsi a propria volta. In egual modo sono sconsigliati l’uso di lacci emostatici (sempre sconsigliati a meno di gravi emorragie) e la somministrazione di antidoti in assenza di adeguate conoscenze mediche e opportune dosi di adrenalina in caso di shock anafilattico.

Anche il morso di serpenti costrittori va trattato con sollecitudine e attenzione perché, pur non iniettando veleno, la dentatura può provocare setticemia. Per una sicura convivenza con i serpenti “prevenire è meglio che curare”, e a questo proposito intervengono due figure professionali importanti nel panorama africano: le guide professioniste e gli “acchiappaserpenti”. Le prime sono fondamentali nel turismo naturalistico, dove gli ospiti si trovano potenzialmente a condividere l’ambiente con questi rettili. Alla guida professionista è affidata l’opera di istruzione, vigilanza e prevenzione che garantisce la massima sicurezza degli ospiti, anche in caso di interazione con un serpente. I secondi, si occupano soprattutto della prevenzione degli incidenti domestici, cioè quei conflitti che possono originarsi quando un serpente, per esempio, penetra in un’abitazione. La sicura rimozione del rettile e ricollocamento fuori dall’area urbana garantisce l’incolumità degli abitanti e degli stessi serpenti che, come ogni altro animale, hanno il diritto di essere lasciati in pace.

Questo articolo è uscito sul numero 5/2023 della rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop.

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