“E’ chiaro che la religione è stata la maschera per occultare la realtà: lo sfruttamento dei giacimenti di diamanti illegalmente”. Questa la risposta del card. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui intervistato dal giornale spagnolo Abc, insieme all’imam della moschea centrale Kobine Layama, entrambi vincitori del Premio alla Fratellanza 2016 della rivista “Mundo Negro” dei Missionari Comboniani. Della stessa opinione l’imam Layama che vede nell’odio interreligioso che insanguina la nazione africana interessi nettamente politici ed economici: “Istigano la guerra religiosa per nascondere lo sfruttamento fraudolento delle enormi risorse minerarie del Paese”.
Dove vanno i diamanti? Chi li compra?
Entrambi i leader religiosi hanno rivolto le stesse domande alla comunità internazionale perché ritengono che le guerre in Africa sono alimentate per sfruttare le sue ricchezze, e non c’è la volontà politica per fermarle: “Per chi sono i diamanti? Dove li vendono? Cosa comprano? Le armi? Da dove vengono le armi?…”. Il card. Nzapalainga afferma che la rotta del commercio dei diamanti e ben conosciuta e passa per il Ciad fino al Sudan e da lì agli Emirati Arabi ed altri Paesi della regione. “Niente passa per Bangui – afferma il porporato – ed è una ingiustizia che niente di tutta questa ricchezza vada a beneficio della gente”.
Sono le milizie ad avere il potere
L’arcivescovo di Bangui ha spiegato che nonostante le recenti elezioni siano state libere e trasparenti, nella Repubblica Centroafricana c’è un vuoto di potere perché attualmente gli alti incarichi politici giocano un solo ruolo figurativo e non hanno un potere reale. “Non sono i sindaci ad avere il potere, sono i ribelli, le milizie che hanno le armi, che vendono i diamanti e riscuotono le tasse”. Infatti, il Paese è sotto il controllo di due milizie armate: la musulmana di Seleka, appoggiata da mercenari di Ciad e di Somalia, e la cristiana-animista anti-Balaka. Ogni milizia controlla il proprio territorio, non combattono direttamente fra loro, ma spesso attaccano le comunità e villaggi, ammazzano civili e distruggono le case in nome della religione. Ci sono circa un milione di rifugiati che fuggono dalla barbarie omicida delle due bande.
L’arcivescovo e l’iman: una amicizia rivoluzionaria
A dicembre del 2013, le milizie anti-Balaka lanciarono una offensiva contro i musulmani di Bangui uccidendo quasi un migliaio di persone. Il card. Nzapalainga accolse nelle sua casa l’iman Layama e la sua famiglia. Entrambi leader religiosi – battezzati come “i gemelli di Dio” – hanno fatto la coraggiosa scelta di proteggersi a vicenda per affrontare l’odio assassino tra cristiani e musulmani, al punto di essere criticati e attaccati dai propri correligionari per questa amicizia. “Abbiamo detto no – ha detto il porporato – perché vogliamo vivere in fratellanza, è questa la rivoluzione”. L’iman ha affermato che è una rivoluzione salutare e ha aggiunto che il grande desiderio di entrambi è “disarmare i cuori perché possano comprendere che non c’è un altro messaggio che la pace, dunque aiutarli a trovare un posto nella società”.
La visita di Papa Francesco è stata decisiva
Il card. Nzapalainga riconosce che la visita di Papa Francesco alla Repubblica Centroafricana è stata coraggiosa e decisiva a livello politico e religioso. Per il porporato la presenza del Pontefice nei quartieri della capitale insieme ai leader protestanti e cattolici “ha cambiato la situazione, ha rischiato la propria vita per evitare le divisioni”. “Siamo tutti esseri umani – aggiunge l’arcivescovo di Bangui – e loro usano la paura per controllare la gente, per questo bisogna essere coraggiosi e dire che non c’è un’altra alternativa che vivere insieme”. (A cura di Alina Tufani)
(08/02/2017 Fonte: Radio Vaticana)