Centrafrica, morti tre peacekeeper per l’esplosione di un ordigno

di claudia
Centrafrica - Caschi Blu accusati di tre nuovi casi di stupro

Tre caschi blu della Missione di stabilizzazione integrata multidimensionale delle Nazioni Unite nella Repubblica Centrafricana (Minusca), membri del battaglione del Bangladesh, hanno perso la vita nella notte di lunedì scorso a seguito dell’esplosione di un ordigno vicino al villaggio di Kaita, a circa 3 km da Koui, nella prefettura di Ouham-Pendé, nel nord-ovest della Repubblica Centrafricana (Car). Lo si apprende da un comunicato della Minusca pubblicato ieri. Non è chiara la paternità dell’attacco, che non è stato rivendicato.

Secondo le Nazioni unite, questa esplosione ha causato anche “diversi feriti che sono stati evacuati a Bouar per essere curati” nell’ospedale della Minusca. Le vittime di questa esplosione facevano parte del battaglione del Bangladesh, che era di pattuglia nell’ambito della sua missione di protezione delle popolazioni civili. “Sono profondamente addolorata per questo incidente che ha portato alla morte di tre caschi blu”, ha dichiarato in un comunicato la rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Car e capo della Minusca, Valentine Rugwabiza, la quale ha aggiunto di “condannare fermamente l’uso di ordigni esplosivi da parte di gruppi armati”.

La Minusca ha annunciato di aver avviato un’indagine per fare luce sui fatti e sulle circostanze dell’esplosione che ha causato la morte di questi tre peacekeeper.

Gli incidenti che coinvolgono mine e altri ordigni esplosivi sono in costante aumento dall’aprile 2021: in particolare nella parte occidentale della Repubblica Centrafricana, una regione in cui il conflitto si è intensificato.

“Tra gennaio e agosto 2022, otto persone, tutti civili, sono state uccise e 63 ferite, di cui 40 civili, in 41 incidenti che hanno coinvolto ordigni esplosivi”, ha affermato l’Onu in un rapporto pubblicato l’8 settembre. Secondo questo rapporto, la presunta presenza di ordigni esplosivi limita fortemente l’accesso umanitario alle persone vulnerabili in un contesto già segnato da restrizioni di accesso dovute a conflitti armati e vincoli fisici.

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