Boko Haram non è un nemico invincibile. Si può batterlo. E l’offensiva di questi giorni dell’esercito di N’Djamena nella regione tra Ciad, Niger e Nigeria lo sta dimostrando. Serve però la volontà politica: della Nigeria anzitutto, poi dei Paesi confinanti (Niger, Ciad, Camerun). Ma non tutti sembrano intenzionati a mettere le corde il movimento fondamentalista. Soprattutto ad Abuja.
Andiamo con ordine. In questi giorni l’esercito ciadiano, certamente il meglio equipaggiato e meglio addestrato dell’area, ha lanciato un’offensiva contro Boko Haram. I militari di N’Djamena, appoggiati dalla propria aviazione, hanno attraversato il Lago Ciad e sono penetrati in territorio nigeriano. Non si sa se le autorità di Abuja ne fossero al corrente, ma l’operazione ha avuto successo perché i miliziani islamici sono stati cacciati dalla città di Malumfatori e l’avanzata è continuata verso Abadam.
Mentre i soldati ciadiani combattevano, è arrivata una dura denuncia di Amnesty International che ha accusato il governo nigeriano di non aver fatto nulla per bloccare l’offensiva di Boko Haram verso Baga e Monguno che ha causato duemila vittime. Nonostante le ripetute segnalazioni da parte della task foce multinazionale che indicavano la presenza di sempre più ingenti forze del gruppo jihadista intorno ai due centri, le forze armate nigeriane si sono ritirate, lasciando la popolazione senza alcuna protezione.
Boko Haram ha sempre trovato complicità nella classe politica e militare che, almeno inizialmente, ha visto in questo movimento uno strumento per creare instabilità e quindi impedire l’azione di governo del presidente cristiano Goodluck Jonhatan. Con il tempo, però, il gruppo jihadista ha assunto una propria autonomia e una propria forza economico-militare, anche grazie al supporto del jihadismo internazionale. Così è sfuggita di mano (se non tutto, in parte) a chi inizialmente pensava di potersene servire per i suoi giochi politici.
Oggi quella di Boko Haram non è solo un’emergenza militare, ma anche umanitaria. Oltre alle migliaia di vittime (cristiane, ma anche musulmane), più di 14mila persone sono fuggite dalla Nigeria dall’inizio del 2015 e ogni giorno continuano a scappare circa 800 persone. Della crisi nigeriana si parlerà anche nel corso della riunione dell’Unione africana che si sta tenendo ad Addis Abeba (Etiopia). Sul tavolo l’approvazione di una forza multinazionale che abbia il compito di proteggere i civili e far rispettare i diritti civili e il diritto internazionale umanitario. Se la comunità africana sarà determinata e ad Abuja si deciderà di affrontare con serietà il problema, per Boko Haram potrebbero essere arrivato il momento del count down.