di Céline Camoin
Punto di svolta o finzione nella continuità? Comincia oggi 20 agosto, nella capitale del Ciad N’Djamena, il grande “dialogo nazionale inclusivo”, iniziativa promossa dal capo della giunta militare al potere Mahamat Idriss Deby, figlio del defunto presidente-maresciallo Idriss Deby Itno. Sulla carta, la giunta si dice pronta ad ascoltare tutte le forze vive della nazione per porre le basi a un nuovo futuro di stabilità ed emergenza del Paese – uno dei meno sviluppati al mondo – , ma si fanno ancora sentire voci della società civile e della giovane opposizione politica, che non credono nell’onestà dei detentori del potere.
Tra chi ha deciso di boicottare l’iniziativa del dialogo ci sono movimenti della società civile all’interno della piattaforma Wakit Tamma, il partito Les Transformateurs del giovane politico Succes Masra, molto presente sui social network, gruppi politico-militari che non hanno firmato l’accordo di pace di Doha, in particolare il Fact, ed emblematiche personalità della società civile. Ad accomunare questi critici del dialogo, la convinzione che le autorità di transizione – al potere sin dall’uccisione di Idriss deby Itno, a fine aprile 2021 – non hanno dato finora le garanzie che lasceranno il potere alla fine della transizione di 18 mesi, un lasso di tempo che peraltro si presuppone non verrà rispettato poiché dovrebbe concludersi già ad ottobre 2022. In poche parole, i detrattori della giunta militare e del governo civile di transizione accusano i medesimi governanti di voler, come sempre, fare il bello e il cattivo tempo in uno spirito antidemocratico, e di continuare a voler privilegiare la stessa ‘casta’ non consentendo un’apertura davvero inclusiva del dibattito.
“L’iniziativa del dialogo è apprezzabile. Tuttavia è la modalità di organizzazione che pone problemi. Ci sono state critiche nei confronti del comitato organizzatore che ha dimostrato una tendenza a privilegiare la famiglia politica dell’ex regime di Deby”, spiega a InfoAfrica Jacques Ngarassal, esponente della società civile e coordinatore Ciad del movimento Tournons la page. Invitato a partecipare a dialogo, Ngarassal, sebbene con molte riserve sull’organizzazione, ritiene che la presenza all’evento sia importante e che solo in aula si potrà davvero capire se c’è o meno opacità nel processo. “Non credo che boicottare a priori fosse la soluzione ideale, anche se penso anch’io che rischiamo una parodia di dialogo – ha detto alla nostra redazione – ma il fatto che molti movimenti abbiano deciso di boicottare, addirittura di manifestare, o lanciare appelli alla disobbedienza, ha creato un clima di tensione”.
Gli sforzi del giovane generale Mahamat hanno ricevuto d’altro canto anche molti apprezzamenti, ultimi dei quali quello del presidente Macky Sall, presidente di turno dell’Unione africana, e del suo predecessore alla stessa poltrona, il congolese Felix Tshisekedi, entrambi sostenitori del processo in atto.
“Al di là delle complessità e degli ovvi problemi sul percorso, è un’iniziativa da sostenere. Il dialogo è sempre positivo, soprattutto in un Paese che non è abituato a dialogare”, aveva commentato a InfoAfrica, lo scorso aprile, nel pieno del pre-dialogo di Doha con i gruppi politico militari, Mauro Garofalo della comunità di Sant’Egidio, che ha portato un contributo al processo che ha portato al recente accordo di pace di Doha.
Diversi storici capi di gruppi politico militari che vivevano in esilio, come Timan Erdimi e Mahamat Nouri, sono tornati a N’Djamena per il dialogo. È sicuramente il segnale che qualcosa si sta davvero muovendo, anche se resta il timore che le vere aspettative della giovane generazione dei ciadiani possano rimanere disattese. Il dialogo nazionale, secondo le nostre fonti a N’Djamena, dovrebbe durare 21 giorni.