L’ex presidente centrafricano François Bozizé, accusato di aver tentato di rovesciare le attuali autorità di Bangui e fomentato la ribellione, soggiorna a N’Djamena, capitale del Ciad. Lo hanno riferito fonti ufficiali ciadiane a Rfi, precisando che Bozizé ha lasciato il sud del Ciad per la capitale a fine giugno, inizio luglio, per partecipare al processo di mediazione avviato dall’Angola e dalla Conferenza internazionale per la regione dei Grandi Laghi (Cirgl). N’Djamena precisa che le autorità di Bangui sono state informate di questo processo.
Bozizé non sarebbe l’unico oppositore centrafricano a soggiornare in Ciad. Ci sarebbero anche esponenti della coalizione ribelle Cpc (Coalizione dei patrioti per il cambiamento), come Maxime Mokom, uno dei leader anti-balaka, Al-Khatim a capo del Mpc o il generale Bobo delle 3R.
Voci sulla presenza in Ciad di Bozizé circlavano già da settimane in Ciad. Secondo quanto riferito, l’Angola e il Ciad avrebbero informato direttamente le loro controparti centrafricane, una versione che non è del tutto confermata da Bangui.
François Bozizé è stato rovesciato dalla presidenza centrafricana nel dicembre 2013 dalla coalizione armata Seleka. Rischiando l’arresto, secondo la ricostruzione di Rfi, è andato prima a vivere in esilio in Uganda, ha attraversato il Sud Sudan, e sei anni dopo è tornato a Bangui di nascosto.
Il suo obiettivo dichiarato era candidarsi alle presidenziali del 2020, ma la Corte Costituzionale invalida la sua candidatura. A seguito di questa esclusione, è stato accusato di sostenere l’alleanza di gruppi ribelli Cpc. Dopo alcune settimane, è stato annunciato che ne era diventato il coordinatore.
Dopo il tentativo della Cpc di prendere Bangui, a gennaio, le forze armate centrafricane insieme ai loro alleati russi e rwandesi hanno lanciato una controffensiva. Bozizé, che ha soggiornato per diverse settimane nella sua roccaforte di Bossangoa, si è poi recato nel sud del Cias. Prima a Moundou, poi a N’Djamena. Bozizé
Bozizé è oggetto di un mandato di cattura internazionale emesso nei suoi confronti il 31 marzo 2014 davanti ai tribunali del suo Paese, in particolare “per omicidi, arresti, rapimenti, detenzioni arbitrarie e torture”. È inoltre sanzionato dall’Onu.