Clima e catastrofi, il lavoro di Fondazione Cima 

di claudia
alluvione

Un’alluvione in Mozambico, un periodo di estrema siccità nel Sahel. I dati relativi a queste ed altre situazioni estreme causate dal clima e dall’azione del clima su contesti in evoluzione in Africa (si pensi all’aumento della popolazione e alla crescente urbanizzazione) saranno presto monitorati meglio grazie a un lavoro cui sta contribuendo l’italiana Fondazione Cima. Proprio grazie a questo impegno, l’Unione Africana sta realizzando l’African Multi-Hazard Early Warning and Action Sistem (Amhews) il primo sistema di allerta continentale per la riduzione del rischio, un tassello fondamentale delle politiche di adattamento e di riduzione delle perdite e danni legati ad eventi meteorologici e climatici estremi. La prossima tappa è quella di creare un centro in Africa occidentale e anche per questo motivo la Fondazione era presente nei giorni scorsi a Dakar, in occasione del Forum mondiale dell’acqua, con un display espositivo ospitato all’interno dello stand dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics).

La missione del Centro internazionale per il monitoraggio ambientale (Cima), spiega ad InfoAfrica Marco Massabò, direttore del programma Capacity development for resilience and climate adaptation, “è quella di sviluppare nuova scienza e ricerca nell’ambito della protezione civile e della gestione disastri, ma soprattutto di portarla più vicina a chi opera nel settore di quello che è il sistema di Protezione civile”. Da qui due principali settori di intervento: da una parte fornire dati utili a inquadrare situazioni di pericolo imminente; dall’altra parte fornire proiezioni, utili a impostare politiche di più lungo respiro. “Il tutto – prosegue Massabò – rapportato alla situazione di un continente che sta vivendo dinamiche opposte all’Europa: ovvero un aumento della popolazione e dell’urbanizzazione”. Fattori che di per sé contribuiscono ad aumentare i rischi semplicemente perché un evento catastrofico o un rischio possono coinvolgere un numero maggiore di persone.

“Mentre in Europa si è intervenuti un po’ su tutta la linea, soprattutto sulla parte di prevenzione, in Africa bisogna invece cercare di regolare il nuovo sviluppo, quello che deve essere fatto adesso. Quindi con la coscienza dei rischi cui le popolazioni sono esposte, sicuramente si ha più possibilità oggi di intervenire nel continente”. Un’azione importante che ha già dato frutti. “Mi piace ricordare tra le altre cose l’iter seguito da una nostra proiezione sviluppata in Zambia” conclude Massabò facendo riferimento in particolare agli effetti della siccità in Africa Australe. “Quella analisi è approdata in parlamento ovvero in una delle istituzioni chiamate a prendere decisioni. E questo è proprio il nostro obiettivo: aiutare le istituzioni, i decisori politici a fare delle scelte che possono incidere sulla vita della popolazione e che tengono conto delle variabili legate al meteo e ai cambiamenti climatici”.

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