di Enrico Casale
Secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa gli scontri che imperversano dal 6 febbraio tra le forze di sicurezza e le milizie claniche a LasAnod, nel nord della Somalia, hanno provocato la morte di 150 persone e il ferimento di oltre 600. Nonostante ciò, non sembra esserci pace all’orizzonte. Il comando dell’esercito del Somaliland ha annunciato una nuova offensiva a tutto campo per strappare la città di LasAnod alle milizie locali. Queste ultime, a loro volta, hanno promesso di difendere la città “fino all’ultimo respiro”.
Sono ripresi il 6 febbraio i combattimenti nella città di LasAnod tra le forze locali e le truppe del Somaliland per il controllo della regione di Sool (nord-ovest della Somalia). Ieri è stato annunciata una nuova offensiva da parte del comando dell’esercito del Somaliland.
Secondo quanto riporta la stampa somala, Faisal Abdi Botan, il capo di stato maggiore dell’esercito della regione separatista, ha definito “il ritiro a sorpresa da Tukaraq una tattica militare” e la ritirata “un ridispiegamento verso basi designate”. Botan ha aggiunto che le forze del Somaliland non si fermeranno finché non si assicureranno la riconquista di LasAnod. L’alto ufficiale ha affermato che le forze di al-Shabaab, milizia somala legata ad al-Qaeda, e del Puntland stanno prendendo parte alla battaglia di LasAnod, sostenendo la milizia locale, un’affermazione che entrambe le parti hanno negato e definito “priva di fondamento”. Le sue osservazioni arrivano dopo la sconfitte subite dai suoi reparti nella regione di Sool dopo quattro settimane di combattimenti che hanno fatto almeno 105 morti e 600 feriti, oltre a migliaia di persone che sono state costrette a fuggire dalle proprie abitazioni cercando rifugio nella regione somala dell’Etiopia.
I combattimenti sono scoppiati il 6 febbraio hanno viste opposte le truppe del Somaliland e le milizie locali del clan locale Dhulbahante che chiede l’autonomia. In realtà, tensioni hanno iniziato a registrarsi il 26 dicembre quando un politico dell’opposizione locale, Abdifatah Abdullahi Abdi, è stato assassinato da ignoti, scatenando proteste antigovernative in tutta la città. Le regioni di Sool e Sanaag sono state territori contesi tra il Somaliland, regione settentrionale della Somalia che si è dichiarata indipendente nel 1991, ma che non è stata riconosciuta dalla comunità internazionale, e il Puntland, che è una regione semiautonoma della Federazione somala.
Mohamed Husein Gaas, direttore del Raad Peace Research Institute di Mogadiscio, in un’intervista rilasciata ad Anadolu, ha affermato che il conflitto a LasAnod è radicato nell’“occupazione” della regione di Sool da parte del Somaliland dal 2007. Un’invasione che è avversata dalla stragrande maggioranza della popolazione locale. “Questa prolungata occupazione ha portato a un’emarginazione politica, economica e sociale dei Dhulbahante, clan somalo locale – ha detto -. Negli anni si sono registrati 120 assassinii di importanti leader della comunità e delle élite del clan. In risposta, la popolazione di LasAnod si è sollevata per manifestare contro il Somaliland e, a sua volta, il Somaliland ha usato una forza eccessiva per reprimere le manifestazioni”.
Secondo Mohamed Husein Gaas, l’unica soluzione fattibile e praticabile al conflitto è un cessate il fuoco “immediato, incondizionato e genuino” e ha aggiunto: “le forze del Somaliland devono ritirarsi dalla regione di Sool”.
“Cessate il fuoco e ritiro – secondo l’analista – possono creare un buon ambiente, favorevole al dialogo politico tra i leader del clan Dhulbahante, le autorità del Somaliland e il governo federale della Somalia con il sostegno di attori internazionali e dell’Unsom (Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Somalia)”.
Isack Abdi, un altro analista indipendente somalo che ha parlato con Anadolu, ha affermato di ritenere che entrambe le comunità delle regioni contese e del Somaliland dovrebbero cercare di risolvere i loro problemi attraverso il dialogo. E ha sottolineato che, sebbene il Somaliland abbia ragione a rivendicare la sovranità sul territorio, “dovrebbe smettere di bombardare una città piena di civili, compresi bambini e anziani”. “Il territorio faceva parte dell’area che era sotto il protettorato britannico – ha spiegato -, ma non dovrebbero scontrarsi e dovrebbero ricercare di risolvere i problemi in sospeso attraverso il dialogo”.