di Marco Lucchetti
Nella classica atmosfera di musiche etniche, danze tribali, colori, tamburi e tifo assordante nonostante spalti semivuoti e con campi ai limiti (e oltre) della praticabilità come compagni di viaggio, la Coppa d’Africa ha eletto le quattro semifinaliste che, mai come stavolta, sono quasi tutte squadre storicamente stra-vincenti. Ci saranno infatti sul terreno di gioco ben 15 titoli (!) così ripartiti: Egitto, sette volte campione, Ghana e Camerun quattro. Soltanto il Burkina Faso non ha ancora il trofeo in bacheca. Ognuna di queste squadre ha una storia e dei protagonisti tutti suoi, andiamo a scoprirli.
L’Egitto, unica nordafricana rimasta in lizza, deve ringraziare il meno africano di tutti gli allenatori, l’argentino Hector Cuper, che abbiamo avuto modo di apprezzare anni fa all’Inter, un tipo che con danze e canzoni folcloristiche non ha decisamente nulla a che vedere, ma che è stato bravo a riportare tra le grandi una squadra che dopo la Primavera araba sembrava sparita dalle mappe calcistiche. Ha una gran voglia di scrollarsi di dosso l’etichetta di eterno secondo, vedremo se ci riuscirà.
Un sincero applauso anche ad Essam El Hadary, portiere 44enne che finora ha mantenuto inviolata la sua porta, comandando da vero leader praticamente tutta la squadra dalla sua area di rigore. Vuole giocare i Mondiali del prossimo anno in Russia, avrebbe 45 anni e mezzo e batterebbe ogni record. In bocca al lupo.
Il Camerun è stato tradito da otto giocatori che si sono rifiutati di partecipare alla Coppa per stare con i propri club, e solo per questo una sua vittoria sarebbe un bel messaggio per tutti i giovani calciatori, affinché comprendano che giocare 2/3 gare in più nella propria squadra di appartenenza è poca cosa rispetto all’affetto che un’intera popolazione può riversarti addosso se sei un campione nella tua nazionale.
Il Burkina arrivò quattro anni fa in finale, pochi mesi prima della rivoluzione che avrebbe posto fine al regime di Compaorè dopo 27 lunghi anni. Era una squadra frizzante, ma inesperta e s’inchinò di fronte alla più quotata Nigeria. Oggi ha ritrovato il centravanti di allora, Aristide Bancè, un leader silenzioso che da anni sembrava sparito e che è riapparso al momento giusto per guidare l’assalto finale.
La storia del Ghana è forse quella più affascinante. Ha vinto l’ultima volta nel 1982, nella Libia di Muammar Gheddafi. Da allora, solo delusioni, finali perse ai rigori e tanti rimpianti. In quella squadra c’era un giovanissimo Abedi Pele, che sarebbe poi diventato una leggenda del calcio africano. Oggi, a guidare la nazionale verso l’agognata riconquista del titolo ci sono… i suoi due figli, Jordan e Andre Ayew, entrambi a segno nel quarto di finale con la Rd Congo. Che sia finalmente un segno del destino, atteso da decenni dalla nazione ghanese.